La rivoluzione del blockchain
I diamanti, a differenza dell’oro, non sono considerati commodities, quanto meno non sono riconosciuti tali da tutti. La caratteristica principale di una materia prima negoziata sui mercati sta, infatti, nella fungibilità. Un’oncia di oro 24 carati è quotabile, grazie al fatto che essa risulta uguale a qualsiasi altra oncia, mentre ogni diamante è diverso dall’altro e una valutazione generale non è possibile, dipendendo da svariati fattori, quali il colore, la lucentezza, il carato, la forma, etc. Non esiste ad oggi, infatti, una borsa dei diamanti, anche se di recente un tentativo simile è nato in Asia con il Singapore’s Diamond Investment Exchange.
Ma la vera rivoluzione in corso la sta facendo “blockchain”, il sistema utilizzato per i pagamenti digitali, alla base del funzionamento dei Bitcoin, tra l’altro. Una società con sede a Londra, Everledger, sta sfruttando questa tecnologia per tracciare ben 1,6 milioni di pietre preziose, ciascuna delle quali viene associata a decine di caratteristiche, in modo da averne una descrizione esatta. La società sta facendo lo stesso con altri beni di lusso, tra cui le bottiglie di vino di alta qualità. Grazie a questa tecnologia, viene rimossa la principale barriera alla base della mancanza di una borsa dei diamanti. Infatti, se ad oggi non è stato possibile tenere alto il grado di liquidità di questo mercato, come accade per l’oro, essendo necessaria una valutazione pietra per pietra, adesso non solo diventa possibile per qualunque acquirente verificare le caratteristiche del diamante che intende acquistare, ma grazie all’ampio database, le banche eviteranno di restare vittime di truffe con l’erogazione di doppi e tripli finanziamenti e il mercato stesso avrà una garanzia di qualità e sulla sicurezza della transazione, nonché sarà a conoscenza se un diamante sia stato prodotto o meno in laboratorio. (Leggi anche: Investire in diamanti? Nasce un mercato per il trading)
Mai più diamanti insanguinati con la tecnologia
Di recente, Amazon ha scoperto, ad esempio, che una pietra preziosa venduta sul suo sito risultava già essere stata venduta.
Da allora, gli standard adottati in questa industria sono stati innalzati e con il cosiddetto Kimberley Process dell’ONU sin dall’inizio del Millennio, oltre il 75% delle aree in cui si estraggono diamanti assicura sulla tracciabilità delle pietre grezze vendute, anche se questo mercato è sempre stato caratterizzato da un florido traffico illegale, che sfugge al rispetto delle regole internazionali. Con la tecnologia “blockchain”, si assesta un colpo anche a questo mercato nero, rendendo molto più difficile raggirare sulla provenienza dei diamanti, esistendo un database globale e disponibile praticamente a tutti gli interessati. Che siamo dinnanzi a una svolta culturale, che fornirà nuova linfa vitale al business delle pietre preziose? (Leggi anche: L’industria dei diamanti ora punta sui giovani e cambia slogan)