L’ordine mondiale nato dal secondo conflitto globale compie 80 anni e nei fatti è stato già rottamato dagli eventi. Il discorso di Monaco di James David Vance, vicepresidente degli Stati Uniti, ha segnato la fine delle relazioni con l’Unione Europea come le abbiamo conosciute sinora. Washington e Bruxelles non erano state così distanti tra loro. Al negoziato di pace sull’Ucraina l’Europa non è stata neanche invitata dal presidente americano Donald Trump, che se la discuterà direttamente con il suo interlocutore Vladimir Putin. L’irrilevanza del Vecchio Continente è diventata fin troppo preoccupante per essere ignorata dai suoi governanti, com’è accaduto fino ad oggi.
E il test sull’alleanza con gli USA sarà la tenuta delle due principali istituzioni internazionali sorte nel secondo dopoguerra: Fondo Monetario Internazionale (FMI) e Banca Mondiale.
Istituzioni internazionali nate a Bretton Woods
Furono fondate a Bretton Woods nel 1944 e vi aderirono coloro che avrebbero fatto parte del blocco geopolitico noto come “Occidente” e sotto l’egida americana. Il loro intento iniziale fu di garantire la stabilità finanziaria nell’area che si opponeva al blocco comunista sotto il controllo sovietico. Soprattutto dopo la fine dell’accordo sulla convertibilità del dollaro in oro, si evolsero in qualcosa parzialmente differente. Puntarono a sostenere le economie in difficoltà, erogando aiuti in cambio di riforme all’insegna del libero mercato.
Alleanza USA-UE finora regge
Per dirla con parole povere, le istituzioni internazionali hanno agito come esportatrici del modello capitalista nel mondo. E questo non è mai piaciuto a chi non si riconosce nei nostri valori fondanti. Questi enti si reggono ancora oggi sul tacito accordo di 80 anni fa, in base al quale la guida dell’FMI spetta sempre a un dirigente di nomina europea e quella della Banca Mondiale a un americano. Gli USA posseggono da soli circa il 16,5% dei diritti di voto nell’FMI, mentre Germania, Francia e Italia prese nel loro complesso il 12,35%.
Per capire l’importanza di ciò di cui parliamo, basti pensare che l’istituto con sede a Washington detiene una capacità di erogazione di prestiti per 1.000 miliardi di dollari. Denaro, il cui afflusso o meno nelle casse di uno stato può determinarne il salvataggio o il default finanziario. L’alleanza USA-UE ha finora consentito all’Occidente nel suo complesso di estendere il proprio controllo a gran parte del resto del pianeta, grazie alle erogazioni in condizioni di emergenza o in qualità di aiuti per lo sviluppo. Essa conviene ad entrambe le parti. La stessa Europa ha potuto togliersi le castagne dal fuoco durante la crisi dei debiti sovrani, puntando sugli aiuti “esterni” dell’FMI alla Grecia in cambio di riforme.
Nuova governance mondiale
Ma se salta l’alleanza, verranno meno anche gli accordi che vi stanno dietro. Da anni i cosiddetti BRICS lamentano di non contare nulla nelle principali istituzioni internazionali, in quanto retaggio di un ordine mondiale andato in soffitta e perpetuato per ragioni di convenienza da Europa e Nord America. Basti pensare a chi siano ancora oggi i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Cosa accadrebbe se Trump desse disdetta anche di questi accordi storici? La situazione diverrebbe magmatica sul piano della governance. L’Europa perderebbe quasi certamente la guida dell’FMI e gli USA della Banca Mondiale. Con una differenza: Washington ha la capacità geopolitica di negoziare per perpetuare il controllo in entrambi gli organismi, l’Europa semplicemente non esiste.
La perdita di influenza nelle principali istituzioni internazionali sarebbe un enorme guaio per il nostro continente. Se ad oggi alcune economie emergenti mostrano un minimo di rispetto per noi, lo si deve proprio al nostro pur limitato potere di controllo degli organismi che decidono per la loro eventuale salvezza o meno. E negli ultimi anni risulta già limitato dall’ascesa di istituzioni concorrenti, tra cui la Nuova Banca per lo Sviluppo ad opera dei BRICS. Per non parlare degli ingenti prestiti bilaterali elargiti dalla Cina in Africa, Asia e Sud America.
Europa rischia l’esclusione dalle istituzioni internazionali
Ragioni di apparente convenienza spingono a immaginare che Washington non voglia sfasciare la baracca co-gestita con l’Europa da 80 anni e che le consente di mantenere un’influenza sull’ex Terzo Mondo. Ma lo scombussolamento dell’ordine mondiale può portare alla nascita di nuovi accordi, che rischiano di tagliare noi europei fuori da ogni logica di spartizione delle istituzioni internazionali. Gli americani riconoscono da sempre come interlocutori solo potenze forti, nel senso non solo economico, ma anche geopolitico.
L’Europa è una grande area economica senza alcun peso politico. Agli occhi di Washington – non solo in tempi di Trump – siamo qualcosa tra il ridicolo e il patetico. Vedremo già in questi anni quanto reggerà l’alleanza USA-UE per il controllo degli organismi sovranazionali. Nessuno stupore che gli americani si accordino con terze parti per ridurre ai minimi termini la sfera d’influenza europea e strappare concessioni dai “padroni” di un pezzo di mondo con cui si trovano costretti a trattare per ridefinire gli equilibri geopolitici.