Giancarlo Giorgetti lo aveva anticipato: “tutti dovranno fare sacrifici”. E ai suoi colleghi del governo aveva chiesto di portargli l’elenco delle spese da tagliare nei rispettivi ministeri. Nessuno lo ha fatto e così il ministro dell’Economia ha provveduto da sé con tagli lineari, risparmiando solo la sanità e poco altro. E la “spending review” colpirà anche i dirigenti pubblici, il cui tetto agli stipendi verrà abbassato dai poco più di 240.000 euro all’anno attuali a 160.000 euro. Rientreranno nella misura tutti gli amministratori delle società partecipate dallo stato o che ricevano fondi pubblici.
Stipendi dirigenti pubblici, è polemica
Le polemiche non mancano. Abbassare il tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici è percepita senz’altro come una misura popolare. Per alcuni è “populista”, volta a raccattare consenso senza andare al cuore del problema. Saranno di sicuro scontenti proprio gli amministratori, che in virtù della legge di Bilancio dal 2025 non potranno più ricevere compensi superiori a quello percepito dal presidente del Consiglio dei ministri. Ad oggi, essi sono commisurati nella misura massima all’emolumento percepito dal presidente della Repubblica.
La Pubblica Amministrazione italiana è fonte di enormi sprechi e inefficienze. Ormai è come sparare sulla Croce Rossa. Lo sappiamo tutti da decenni e tutti i governi provano a riformarla o fingono di farlo. Fatto sta che non si muove foglia. Gli uffici pubblici sono un peso che grava sull’economia italiana. Anziché sostenere chi fa impresa, fungono da deterrente. Le leggi saranno pasticciate, ma la burocrazia in sé non funziona e gli amministratori non si sono mai rivelati all’altezza del compito.
Amministratori scelti su base amicale
Si direbbe che pagarli di meno sarebbe quasi doveroso. D’altronde, se guido male un’azienda, questa non è che mi promuova a colpi di bonus. Se mi va bene, mi offre il minimo indispensabile e alla prima occasione utile, giustamente, mi caccia.
Il problema dell’Italia è dato proprio dal fatto di avere ai vertici della Pubblica Amministrazione uomini e donne incapaci. Le eccezioni ci saranno, ma i risultati complessivi parlano chiaro. Perché ciò avviene? E’ un fatto socio-culturale. In Francia, l’Ecole Nationale d’Administration sforna ottimi dirigenti dello stato e persino politici. Presupposto per candidarsi alle cariche elettive è, infatti, di averla frequentata. In Italia, gli amministratori apicali sono perlopiù amici, parenti e tirapiedi dei politici potenti di turno, nonché a loro volta ex politici, il famoso popolo dei “trombados”, cioè coloro che non riescono a farsi ri-eleggere ai vari livelli, dal Parlamento nazionale agli ex consigli provinciali.
PA senza meritocrazia
La logica che sta dietro a tali nomine non è improntata all’efficienza amministrativa, bensì alla ricompensa per la vicinanza personale e politica. Non possiamo pretendere nulla da persone del genere. Gli stipendi dei dirigenti pubblici appaiono elevatissimi, non in senso assoluto, bensì in relazione ai risultati conseguiti. Tagliarli non è sbagliato, anzi è sempre meglio pagare di meno un cretino, anziché pagarlo di più. Il punto è che un cretino non dovrebbe starci proprio a quei livelli. Invece, ci sta. Questo è il punto che nessun governo vuole realmente affrontare.
Paolo Borsellino disse una volta che “in una società mafiosa, tendenzialmente le cariche nelle Istituzioni sono affidate a dei cretini”. Aveva capito benissimo. Al Sud è quasi sempre così. Le intelligenze locali emigrano all’estero o si spostano anche soltanto nel Nord, dove arrivano spessissimo a ricoprire alte cariche amministrative, in quanto nelle loro regioni devono lasciare il posto ai cretini figli di.
Stipendi dirigenti pubblici problema a metà
In conclusione, va benissimo che gli stipendi dei dirigenti pubblici diminuiscano. Non va bene che continuino ad essere nominati personaggi incapaci, che con il merito non hanno alcunché da spartire. Andrebbero presi a calci nel deretano, anziché pagati meno. Un deficiente retribuito di meno non smette di fare danni. Anzi, può persino essere che si senta giustificato a lavorare ancora di meno. Perché possiamo mettere tutti i tetti possibili agli emolumenti, ma non esiste limite alla sfacciataggine di chi vive di prebende pubbliche.