E’ durato per fortuna meno di 24 ore il brutto spettacolo offerto dalle istituzioni a pochi giorni dalle elezioni politiche. Non certo quello che servirebbe per spronare i cittadini ad andare a votare. Il Parlamento è stato in grado di azzerare il messaggio positivo sul sostegno a famiglie e imprese con l’approvazione del decreto Aiuti bis da 17 miliardi di euro. E tutto con un pasticcio legato a un emendamento approvato al Senato. Esso avrebbe consentito il superamento del tetto agli stipendi nella Pubblica Amministrazione, fissato in 240.000 euro all’anno.
- Capo della Polizia;
- Direttore generale di pubblica sicurezza;
- Comandante generale dell’Arma;
- Comandante generale della Guardia di Finanza;
- Capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria;
- Capi di stato maggiore;
- Capi dipartimento della Presidenza del Consiglio;
- Segretario generale della Presidenza del Consiglio;
- Capi dipartimento dei ministeri;
- Segretari generali dei ministeri.
Ripristinato tetto agli stipendi Pubblica Amministrazione
Prendendo atto dell’aumentato costo della vita, l’emendamento avrebbe consentito un “trattamento accessorio” nelle disponibilità del fondo, su proposta del Ministero dell’Economia e con decreto firmato dalla Presidenza del Consiglio. In parole povere, i vertici militari e dei ministeri avrebbero avuto un aumento di stipendio. Per fortuna, il premier Mario Draghi ha reagito molto negativamente alla notizia, scatenando un rimpallo di responsabilità tra tecnici e politici. Il Tesoro ritiene di avere semplicemente ammesso l’emendamento, in quanto provvisto delle apposite coperture finanziarie. I partiti si fingono tutti sorpresi e sostengono di non averne saputo nulla e di essere contrari.
L’emendamento sul superamento del tetto agli stipendi nella Pubblica Amministrazione è stato successivamente soppresso. Pericolo scampato. Sul punto urge qualche precisazione per evitare di scadere nella demagogia spicciola. Che gli alti funzionari dello stato e i vertici militari godano di stipendi superiori alla media non lo mette in dubbio nessuno.
Settore privato beffato tra pandemia e caro bollette
Qui, però, saremmo stati in presenza di una beffa per i cittadini. Anzitutto, per le modalità con cui sarebbe stato superato il tetto agli stipendi. Non attraverso un dibattito franco in Parlamento, bensì con la solita mano segreta, così che tutti e nessuno risulti responsabile. Il contrario di un assetto democratico responsabile. Secondariamente, l’inflazione di questi mesi la stiamo pagando tutti noi italiani. Il caro bollette si mangia buona parte degli stipendi, i quali sono rimasti perlopiù fermi. In pratica, stiamo generalmente un po’ tutti peggio di un anno fa. E dire che eravamo usciti da due anni di pandemia, in cui il settore privato era stato devastato dalle restrizioni anti-Covid. Gli addetti della Pubblica Amministrazione non ne hanno risentito affatto, anzi in molti casi si sono visti sgravati di molto lavoro.
Sarebbe stato normale per voi che a ottenere aumenti di stipendio fossero stati proprio gli alti funzionari dello stato, quando a pagare la crisi è stato quasi essenzialmente il settore privato? Sarebbe stato accettabile che, mentre gli stipendi di milioni di lavoratori dipendenti privati e pubblici rimangono invariati e i conti di tante imprese stanno peggiorando a causa della crisi energetica, un ristretto manipolo di burocrati avrebbe portato a casa benefici preclusi a tutti gli altri? No, stavolta il Parlamento l’avrebbe combinata troppo grossa. E si sarebbe auto-screditato alla vigilia di importanti elezioni.