I rendimenti dei fondi pensione sono crollati quest’anno riportando in auge la convenienza del Tfr. I recente crash dei fondi britannici, magistralmente contenuto dall’intervento della Banca d’Inghilterra e dalla censura mediatica è stato il primo campanello d’allarme che i lavoratori non possono non ascoltare.
Benché oltre Manica quantificare i danni finanziari sia opera impossibile, si può immaginare che il problema è grave. Tant’è che il governo inglese è dovuto intervenire con una manovra finanziaria per il 2023 lacrime e sangue per tappare le falle.
Un anno da dimenticare per i fondi pensione
In Italia non vi è ancora una grossa esposizione ai fondi pensione da parte dei lavoratori. Il nostro sistema pensionistico statale rappresenta uno degli ultimi baluardi del welfare pubblico in Europa, dopo quelli dei Paesi nordici. Tuttavia i numeri sono inquietanti.
Da gennaio a settembre 2022, a fronte di una incremento dei lavoratori iscritti (+4,2%), i rendimenti sono risultati negativi. I fondi pensione negoziali hanno perso il 10,6%, quelli aperti il 12,2%. Mentre per i piani individuali pensionistici di ramo III le perdite sono state pari a -12,4%.
Non sono numeri da sottovalutare se si pensa che la perdita è stata di 10,9 miliardi di euro (5,1% del totale del patrimonio). Va notato, inoltre, che in 9 mesi sono stati bruciati capitali raccolti negli ultimi 6 anni di attività. Ne deriva che chi ha investito il Tfr nei fondi pensione partendo dal 2016 non ha guadagnato nulla. Chi lo ha fatto dal 2017 in poi, invece, ci sta rimettendo.
Tfr: rendimenti in rialzo
E il Tfr, invece, come va? Incredibilmente si scopre che i soldi lasciati in azienda sono rimasti al sicuro, non hanno perso nulla. Anzi sono tornati a battere i fondi pensione. In tempi di vacche magre. Del resto, il Tfr rappresenta un porto sicuro, anzi rende anche di più. Secondo gli ultimi i dati ufficiali, la rivalutazione del trattamento di fine rapporto è cresciuta di botto essendo legata all’inflazione.
Il Tfr in azienda, per legge, si apprezza ogni anno del 1,5% fisso, più uno scarto del 75% dell’indice di inflazione Istat. Così, da inizio 2022 l’impennata dell’inflazione ha rivalutato il Tfr mettendo a segno un rialzo stimato del 5,2% nei primi nove mesi dell’anno. In altre parole i lavoratori si sono visti aumentare il tesoretto lasciato in azienda.
In questo momento, quindi, meglio tenersi stretto il Tfr ed evitare i fondi pensione. Ma alla lunga, considerato il trend negativo delle pensioni pubbliche, la previdenza integrativa privata assumerà un ruolo sempre maggiore anche in Italia. Come affermato dall’ultimo Global Pension Index 2022 di Mercer e Cfa.
Meglio i fondi pensione o il Tfr
La domanda che ci si pone a questo punto è cosa fare? Meglio il Tfr o i fondi pensione? Non c’è una risposa univoca e precisa per questo. Di base è opportuno partire da un concetto e porsi una domanda secca: quanto si è disposi a rischiare per ottenere rendimenti più alti del Tfr?
Se un lavoratore è propenso a rischiare i propri quattrini per ottenere rendimenti più alti e quindi una pensione integrativa migliore rispetto a quanto potrebbe fare impiegando il Tfr, allora la scelta dei fondi è giusta. Il lavoratore deve però sapere che le cose potrebbero anche andare male, perché i fondi pensione investono sui mercati che sono soggetti a oscillazioni e quindi anche a perdite pesanti. Come si è visto quest’anno.
Tutto dipende quindi dalla propensione al rischio che un lavoratore ha. La scelta è del tutto soggettiva, ma spesso chi opta per questa opzione poco sa delle attività dei fondi pensione. E, d’atra parte, i gestori ben si guardano dal fornire il massimo della trasparenza. In pratica, non si sa esattamente in cosa investono, a che prezzo acquistano i titoli finanziari e a quali rischi si espongono.
Trattandosi di investire soldi che serviranno in vecchiaia per una pensione integrativa da affiancare a quella pubblica, sarebbe più logico che il lavoratore non si esponesse ad alcun tipo di rischio. Soprattutto col ritorno dell’inflazione. In questo caso, il Tfr offre sempre delle garanzie e una rendita (anche minima) buona.