Chi si appresta ad andare in pensione e già prevede un assegno non all’altezza delle proprie aspettative, può contare sul Tfr per farsi una previdenza integrativa. Come? Innanzitutto evitando di dare i propri soldi ai fondi pensione, ad assicurazioni o banche.
I lavoratori italiano poco ci capiscono di finanza e quando si tratta di gestire i risparmi non sanno mai come comportarsi. Ebbene, se lo scopo è quello di farsi una pensione supplementare, cioè ottenere una rendita aggiuntiva a quella pubblica, la strada più semplice è quella di investire il Tfr in titoli di Stato.
Come farsi una pensione integrativa col Tfr
I fondi pensione, come abbiamo visto in tanti precedenti articoli, offrono una soluzione che non è ideale. I soldi accantonati nel trattamento di fine rapporto, Tfr o Tfs, sono periodicamente trasferiti in fondi negoziali di categoria, fondi aperti o piani individuali di accumulo. Al momento del pensionamento del lavoratore è liquidata una rendita sulla base del rendimento del fondo negli anni.
E qui sta il punto. Perché il rendimento non è certo e il lavoratore si accolla il rischio anche di pesanti perdite. Come pure di guadagni, ben inteso. Ma è sempre un rischio che non vale la pena correre trattandosi di quattrini che devono essere destinati a uno scopo ben preciso. L’esempio recente del crollo dei fondi pensione in Gran Bretagna è sotto gli occhi di tutti.
L’alternativa, quindi, è quella di tenersi stretto il Tfr senza devolvere nulla ai fondi pensione. Ma nemmeno dando il vostro tesoretto accumulato negli anni a banche e assicurazioni, sempre pronte ad allungare le mani sui vostri risparmi con promesse roboanti. Ma come fare a trasformare il Tfr in pensione complementare?
Come ottenere una rendita supplementare a fine carriera
Prendiamo a esempio il Tfr di un operaio che dopo 40 anni di lavoro può arrivare a valere circa 80mila euro.
La più semplice e ottimale è quella di investire i soldi del Tfr in titoli di stato indicizzati all’inflazione. Come i Cct (Certificati di Credito del Tesoro) o i Btp Italia. Ma vanno bene anche i Btp a tasso fisso o le emissioni sovranazionali della Bei (Banca europea degli investimenti). Si possono acquistare in euro o in dollari.
Recentemente il Mef ha collocato sul mercato il Btp Italia 2028 (Isin IT0005517187) con cedola fissa minima garantita all’1,60% per sei anni, pagabile ogni sei mesi e premio fedeltà dello 0,8%. Cosa significa questo? Chi ha sottoscritto questo strumento finanziario si garantisce un rendimento minimo e sicuro del capitale per 6 anni e nel 2028 si vedrà restituire il capitale investito maggiorato dello 0,8%.
Quindi 80mila euro investiti nel Btp Italia, utilizzando il Tfr, frutterebbero come minimo 1.280 euro all’anno (640 euro ogni sei mesi). Soldi da sommare alla pensione dell’Inps. E nel 2028 si otterrà dallo Stato la restituzione dell’intero capitale (80mila euro) maggiorato di 640 euro. Quindi il denaro torna nella disponibilità del pensionato. Cosa che i fondi pensione non fanno.