Il Ministero del Turismo della Thailandia ha comunicato dati record per il mese di dicembre, quando risultano essere arrivati nel paese asiatico ben 3,5 milioni di visitatori stranieri. Il governo di Bangkok punta per quest’anno a 37 milioni di arrivi e a entrate complessive per 3.000 miliardi di baht, ovvero circa 77 miliardi di euro, pari a un quinto del pil. Grazie all’enorme flusso di turisti, il cambio si è rafforzato del 2% contro il dollaro nel 2017, in controtendenza rispetto a diverse altre valute asiatiche.
In effetti, la situazione appare tutt’altro che felice sul fronte della gestione dei flussi turistici. Il boom di stranieri in arrivo da un lato sostiene l’economia nazionale, dall’altro crea problemi logistici non indifferenti, tanto che la giunta militare al potere ha iniziato ad attuare un piano di diversificazione delle aree da visitare, in modo da smaltire le presenze nella capitale o sull’isola di Phuket. L’Associazione degli Agenti di Viaggio Thailandesi, tramite il suo portavoce Thongyoo Suphavittayakorn ha dichiarato che da qui ai prossimi 3-5 anni, il settore non sarebbe più in grado di sostenere l’aumento dei turisti stranieri, anche per via delle carenze dei principali aeroporti del paese.
In effetti, i due internazionali della capitale – Suvarnabhumi e Don Mueang – operano già al 40% al di sopra delle loro capacità, creando file interminabili per i turisti, molti dei quali hanno un impatto negativo sulla loro esperienza di viaggio in Thailandia, almeno all’arrivo.
Bangkok punta adesso sulla qualità
Una volta usciti dall’aeroporto, poi, uno straniero si trova dinnanzi a una delle città più congestionate al mondo. Per la precisione, secondo il TomTom Traffic Index, peggio farebbe solo Città del Messico. A complicare il tutto si sono messi i cinesi, che grazie al film “Lost in Thailand” del 2012 hanno preso d’assalto le mete turistiche del paese, triplicando la loro presenza in appena quattro anni a 8,8 milioni di persone nel 2016. Non sempre, però, hanno portato benessere, se è vero che il loro tipo di turismo è stato tacciato di essere “a zero dollari”. In molti casi, infatti, i tour operator si sono limitati semplicemente a fare visitare ai loro clienti destinazioni e negozi standard, senza che lasciassero granché sul territorio. E così, a 29 di questi operatori è stato vietato dal governo di continuare a restare attivi, anche se il numero dei cinesi in arrivo non si è fermato, salvo un breve periodo.
Adesso, anche grazie alla costruzione di una ferrovia a doppio binario per collegare Bangkok a Chiang Mai nel nord, un’opera da 15 miliardi di dollari che verrà realizzata con l’aiuto dei giapponesi, lo stato punta ad “offrire di più a meno persone”, anche se non pare che la direzione in cui si dirige il turismo thailandese sia questa, né che il governo stesso punti a ridurre i numeri dei visitatori, ambendo al contrario a sfruttare il successo di questa industria per rafforzare l’economia.
Ad oggi, il paese è considerato destinazione low-cost, attirando milioni di squattrinati da tutto il mondo, anche se è allo stesso tempo prima meta per il turismo medico. Da qui, i blitz dei mesi scorsi contro le località del turismo sessuale nel distretto a luci rosse di Pattaya, così come il divieto di fumare in ben 21 spiagge rinomate, come quelle della stessa Pattaya o di Krabi. Ci vorrà probabilmente di più per trasformare la Thailandia in meta di qualità. Nel frattempo, urge gestire la crescente quantità di turisti, che rischia di riversarsi negativamente sull’immagine del paese nel resto del mondo tra esperienze di file estenuanti in aeroporto e di traffico fuori misura nella capitale. (Leggi anche: Vacanze low-cost in Thailandia)