E anche TIM prepara il suo bond. La compagnia ha dato mandato a Goldman Sachs e JP Morgan nel ruolo di joint global coordinator e physical bookrunner e a BNP Paribas, Credit Agricole, Unicredit, Sumimoto Mitsui Banking Corporation e Mitsubishi UFJ Financial Group in veste di joint bookrunner di emettere una nuova obbligazione senior unsecured “benchmark” e della durata di 5 anni. L’importo dovrebbe essere di 700 milioni di euro e la quotazione avverrà alla Borsa di Lussemburgo. Con questa operazione, saranno rifinanziate le scadenze a breve termine.
Rendimento atteso per bond TIM
Il bond TIM dovrebbe ricevere i seguenti rating dalle agenzie internazionali: BB- da S&P, BB da Fitch e B1 da Moody’s. I giudizi sono bassi, la compagnia è considerata emittente speculativo. In sostanza, il suo debito risulta essere a rischio medio-alto. Al 30 settembre scorso, il debito after lease ammontava a 20,1 miliardi di euro, il debito netto a 25,5 miliardi e quello lordo a 31 miliardi. Di questo, 17 miliardi si hanno in forma di obbligazioni. L’Ebitda al 30 settembre era di 4,5 miliardi, 4 volte inferiore alle passività.
Monitorando i bond TIM in circolazione lungo la curva, scopriamo che la scadenza a 4 anni rende poco più del 6% e quella a 6 anni sopra il 6,60%. Pertanto, ci attenderemmo che l’emissione a 5 anni esiti un rendimento in area 6,30%. Esso risulterebbe a premio di 355-360 punti base sul tasso “midswap”. Il premio offerto rispetto al BTp quinquennale si aggirerebbe, invece, attorno ai 300 punti base. Ma in avvio di asta, ieri le indiscrezioni davano il rendimento in area 7%. Sarebbe davvero tanto, sebbene il taglio minimo di 100.000 euro renda il titolo un investimento per pochi. Prevista un’opzione put per gli obbligazionisti: possibilità di rivendere a 101 all’emittente nel caso di cessione di NetCo o di acquisizione della compagnia da parte di terzi.
Il punto è che la compagnia versa attualmente nel caos da un punto di vista della governance.
Rischi da governance confusa
Al di là della relativa convenienza, questo piano sarebbe rischioso sul piano finanziario per la compagnia telefonica. Come correttamente osserva La Verità, nel caso di cessione proporzionale del debito insieme alla rete, il Codice Civile all’articolo 2503 consentirebbe ai creditori di chiedere entro 60 giorni il pagamento anticipato dei debiti. Per TIM significherebbe esborsi immediati e allo stato attuale molti di essi avverrebbero a costi superiori a quelli dei debiti estinti.
Prendiamo il bond TIM con scadenza 17 marzo 2055 e cedola 5,25% (ISIN: XS0214965963). Questa settimana quotava sopra 80,50 centesimi. Se dovesse essere rimborsato in anticipo, la compagnia dovrebbe pagarlo per intero, cioè a 100. Per farlo, dovrebbe emettere un altro bond di pari importo (850 milioni), ma con un rendimento in area 6,80%, anziché del 5,25% della cedola. Il maggiore costo annuo sarebbe di oltre 13 milioni per i prossimi 32 anni, pari a quasi 424 milioni in più entro la scadenza. Del resto, è questo il significato concreto di un bond sotto la pari.
La volontà della compagnia di emettere un nuovo bond a 5 anni sarà dipesa dal successo di alcune operazioni nei giorni scorsi. Il caso più eclatante è quello di ENI, il cui bond sostenibile è andato letteralmente a ruba. Il collocamento è stato chiuso con due settimane di anticipo dopo che le richieste avevano superato l’offerta massima prevista.