L’inflazione negli USA è salita ai massimi da oltre 12 anni, attestandosi al 4,2% in aprile. Nell’Eurozona, la crescita si mostra più moderata: +1,6%. E la stessa BCE non prevede che sarà in grado di centrare il target “vicino, ma di poco inferiore al 2%” da qui ai prossimi anni. Ma se questi ad oggi sono i fatti, una verità incontrovertibile che emerge è che le banche centrali siano cadute nella “trappola del debito”.
L’ex capo-economista della BCE, Peter Praet, ne parla esplicitamente.
Gli economisti parlano di “dominanza fiscale” per descrivere lo scenario in cui si ritroverebbero già tutte le principali banche centrali. Esse non possono alzare i tassi contro l’inflazione, perché altrimenti i debiti degli stati (ma anche di molte aziende) sarebbero insostenibili. L’insostenibilità si presenterebbe, anzitutto, sul piano politico. I cittadini si mostrano molto poco disposti, specie dopo questa terribile pandemia, ad accettare ulteriori sacrifici, siano essi in forma di tagli alla spesa o di aumento delle tasse. In casi come l’Italia, l’insostenibilità del debito con tassi di rifinanziamento più alti sarebbe anche di natura finanziaria.
Trappola del debito per salvare i governi
Questo significa per l’appunto che vi sia una trappola del debito, che impedirebbe alle banche centrali di svolgere il loro mandato. Ed ecco che un altro ex capo-economista della BCE, Otmar Issing (1998-2006), chiede esplicitamente che la BCE tolleri un’inflazione più alta del target per compensare i periodi in cui essa è rimasta al di sotto di esso.
La dominanza fiscale si cui parlano gli economisti e rifiutata categoricamente dai banchieri centrali è proprio questa: ragioni di ordine fiscale hanno la precedenza su argomentazioni come la stabilità dei prezzi. Poiché i debiti sono elevati, bisogna metterli in sicurezza garantendo il loro rifinanziamento a costi molto bassi. Nel frattempo, gli istituti continuerebbero a iniettare liquidità sui mercati acquistando titoli di stato, con l’obiettivo preminente di ridurre la quantità di debito che gli stati hanno verso i creditori privati.
La trappola del debito implica il forte rischio che si accetti la perdita di potere d’acquisto dei redditi per “sgonfiare” le passività di governi e aziende. Il PIL nominale crescerebbe a ritmi più rapidi solo per effetto dell’inflazione, riducendo l’incidenza del numeratore (il debito). E’ accaduto sempre nella storia che ad alti debiti siano seguiti o la loro ristrutturazione o periodi di alta inflazione. L’austerità fiscale si presenta come la ricetta più desiderabile quando i livelli d’indebitamento siano, tutto sommato, contenuti. Ma nessuno può ipotizzare seriamente che sia questa la via per passare da un rapporto per l’Italia di circa il 160% a uno, ad esempio, sotto il 100%. Almeno di volere attendere diversi decenni. Per concludere, colpiranno i redditi per togliere le castagne dal fuoco ai governi.