Si avvicina la data di presentazione della legge di Stabilità per il 2025 e inizia a farsi ogni giorno più chiaro il quadro delle misure che il governo Meloni intende varare sull’economia. Immancabile il capitolo previdenziale. Nei giorni scorsi, il ministro per il Lavoro, Marina Elvira Calderone, ha confermato alcune voci che circolano da tutta l’estate e alimentate dal suo stesso sottosegretario, Claudio Durigon, a proposito del trasferimento del Tfr (Trattamento di fine rapporto) ai fondi pensione. Ha precisato che non ci sarà alcuna novità di portata rivoluzionaria, bensì provvedimenti che andranno nella direzione di accrescere il reddito dei futuri pensionati italiani.
Trasferimento Tfr con silenzio-assenso
Si parla anche di possibili incentivi in favore di chi, pur avendo compiuto 67 anni di età, volesse continuare a lavorare. Ma la misura che sta facendo discutere di più e senz’altro più attesa da parte di milioni di lavoratori riguarda il trasferimento del Tfr ai fondi pensione. Il governo vorrebbe riaprire i termini per un nuovo semestre di silenzio-assenso. Già l’esperimento vi era stato nel 2006, ai tempi del governo Berlusconi. I risultati non furono entusiasmanti.
In cosa consisterebbe il nuovo semestre? Ai lavoratori dipendenti verrebbero assegnato sei mesi di tempo per decidere se aderire a un fondo pensione e nel caso trasferirvi il Tfr. Se non arrivasse alcuna comunicazione ufficiale, il trasferimento del Tfr sarebbe automatico. A favore di quale fondo? Di quello della categoria di appartenenza o, in presenza di più fondi, quello con il maggiore numero di iscritti. Infine, se il contratto di lavoro non ha previsto alcun accordo in tal senso, si opterebbe per Fondinps, il fondo pensione dell’Inps.
Timori su congruità pensioni future
I lavoratori alle dipendenze di aziende con più di 50 dipendenti già devono obbligatoriamente aderire a un fondo pensione. In assenza di adesione e di fondi di categoria, si ha per l’appunto il trasferimento del Tfr all’Inps.
In buona sostanza, il trasferimento del Tfr a un fondo pensione mira ad accrescere il reddito dei futuri pensionati. Il Tfr, che grosso modo equivale a uno stipendio lordo all’anno, è rivalutato annualmente in base al tasso d’inflazione. I fondi pensione tendono a batterne la performance, investendo sui mercati finanziari. Non è stato così negli anni passati, causa crollo dell’obbligazionario, in particolare. Tuttavia, nel lungo periodo la tendenza è chiara e favorevole ai fondi pensione.
Rendita vitalizia mensile più basse per donne
Esisterebbe, dunque, una maggiore convenienza per il lavoratore ad aderire ad un fondo pensione. Il trasferimento del Tfr dovrebbe avvenire anche in assenza di meccanismi opinabili come il silenzio-assenso. Ma va detto che, a fronte degli indiscussi benefici, esistono diverse condizioni contrattuali a cui prestare attenzione. Possono esservi, ad esempio, rigidità in fase di eventuale riscossione del capitale prima dell’età pensionabile. Una di questa risulta relativamente più svantaggiosa per le donne. In pratica, quando si raggiunge l’età pensionabile o altra indicata dagli accordi, il fondo pensione eroga o il capitale in un’unica soluzione o una rendita vitalizia. In questo secondo caso, l’importo dipenderà dall’aspettativa di vita come da statistiche dell’Istat.
E qui arriva la peculiarità negativa per le donne.
Trasferimento Tfr a fondo pensione benefico per tutti
Da questi numeri emerge che il trasferimento del Tfr a un fondo pensione sarebbe più conveniente per un uomo. In realtà, a rigore non è così. Egli percepirà una rendita mensile più alta, ma per un periodo inferiore. Solo nel caso in cui smentisse la statistica a e vivesse ben più a lungo delle aspettative secondo l’Istat (e magari di una donna), il beneficio diverrebbe effettivo. Ciò non toglie che, a parità di accantonamenti, il fondo pensione tenderà a rendere di più del Tfr lasciato in azienda. Uomo o donna, dunque, poco importa. Tutti i lavoratori trarrebbero potenzialmente un beneficio.
Il sistema retributivo era migliore perché garantiva, in pensione, la continuità economica raggiunta con l’ anzianità lavorativa! Quello attuale invece annulla tutta la progressione economica, contro il dettato costituzionale, e porta alla miseria familiare che non consente né di vivere nel benessere che si era raggiunto e neanche di versare le tasse varie con danno all’ erario statale, regionale e comunale!