Molti lavoratori prossimi alla pensione (o che hanno già smesso di lavorare) ci scrivono per chiedere un parere in merito alla pensione in Portogallo: trasferirsi a Lisbona, Porto, Algarve o altre città portoghesi da sempre paradiso (fiscale e non solo) dei pensionati italiani, conviene ancora alla luce delle ultime novità sulla tassazione degli assegni?
La guerra sul fronte tassazione per attirare pensionati all’estero
Di pensionati in Italia in questi giorni si parla soprattutto per la paura di contagio del coronavirus.
Più volte abbiamo parlato del sistema fiscale portoghese riservato ai cd non-habitual residents che ha reso nel tempo il Portogallo uno dei paradisi fiscali per pensionati più vicino all’Italia. La misura garantisce ai titolari di pensioni non governative di incassare i propri assegni previdenziali esentasse. L’unica condizione fondamentale di accesso è quella di non aver avuto la residenza in Portogallo nei cinque anni di imposta precedenti.
Gli effetti indiretti sugli altri Stati sono inevitabili: se i pensionati preferiscono il Portogallo di conseguenza ci saranno meno persone che si trasferiscono altrove. Da qui le pressioni degli altri governi, scandinavi in particolare, contro un sistema (quello portoghese) “accusato” di fare una sorta di concorrenza sleale giocando al ribasso. Già la Finlandia ha posto fine all’accordo bilaterale con il Portogallo e anche Svezia, Danimarca e Francia stanno rivalutando di rinegoziarlo. Al momento la proposta del partito socialista è in fase di discussione. Se approvata andrebbe ad introdurre un’aliquota forfettaria del 10% al posto dell’attuale esenzione sui redditi (salvo tutela delle posizioni retroattive quindi delle pensioni in Portogallo già trasferite).
Tra i governi esteri che ne trarrebbero indiretto vantaggio c’è anche quello italiano: la flat tax per attirare i pensionati in Italia è del 7% quindi inferiore a quella che sarebbe introdotta in Portogallo.