Il Tesoro ha comunicato le nuove emissioni per il primo trimestre del 2021. Saranno tre i BTp che debutteranno nel nuovo anno e per un ammontare complessivo di 29 miliardi di euro. Nel dettaglio:
- BTp 15/04/2024 per 9 miliardi di euro;
- BTp 01/26/2026 per 10 miliardi di euro;
- BTp 15/03/2028 per 10 miliardi di euro.
Dunque, i nuovi titoli del debito pubblico italiano saranno a 3, 5 e 7 anni. Il Tesoro conferma di non avere in programma l’emissione di nuovi titoli ultra-lunghi, pur essendo i rendimenti crollati lungo la curva, consentendogli di rifinanziarsi anche con scadenze molto longeve a costi molto bassi.
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Per quanto detto, il Tesoro potrebbe permettersi di collocare sul mercato BTp a 3 e 5 anni senza cedola, spuntando ugualmente un prezzo sopra la pari. E potrebbe fare lo stesso con il BTp a 7 anni, ma in questo caso dovendosi accontentare di un prezzo un po’ sotto la pari. Ecco perché riteniamo che con riferimento a quest’ultimo, molto probabile che, invece, offra un tasso d’interesse minimo, magari in linea con il rendimento, qualcosa che oggi come oggi sarebbe dello 0,10%.
Mini-cedole o zero coupon?
Se decidesse di offrire mini-cedole anche sui BTp a 3 e 5 anni, attirerebbe ordini nettamente superiori alle sue richieste, spuntando prezzi ancora più alti, teoricamente riducendo gli importi delle successive emissioni. Questa soluzione non è da escludere e per un motivo molto semplice. Le condizioni di mercato non resteranno le stesse per i prossimi anni. Dal 2022, verosimile che il grado di accomodamento monetario della BCE si riduca, innescando un rialzo dei rendimenti sovrani e corporate. A quel punto, a farne le spese sarebbero particolarmente le obbligazioni con “duration” elevata, cioè con scadenze lunghe e/o cedole basse e per questo più volatili.
Poiché l’Italia è la principale sospettata di portare instabilità con la graduale normalizzazione monetaria, il mercato in un certo senso pretenderebbe dai nostri BTp maggiori garanzie contro volatilità future. In altre parole, pur a fronte di rendimenti negativi o tutt’al più appena positivi, probabile che il Tesoro cerchi di attirare capitali collocando titoli con cedole molto basse, praticamente azzerate, ma pur sempre esistenti.
Nell’anno che si è già concluso sul fronte delle emissioni, il costo medio della raccolta è stato di appena lo 0,59% e lo stock del debito è salito a una durata media di 6,95 anni, poco sopra i 6,89 anni di fine 2019. Certo, il Tesoro ha dovuto emettere oltre 550 miliardi di euro di nuovo debito, mai così tanto nella nostra storia. Tuttavia, considerato il tracollo dei rendimenti grazie alla BCE, ci saremmo aspettati e avremmo auspicato un allungamento sensibile della vita media dei nostri titoli, così da sfoltire le scadenze nei prossimi anni e segnalare al mercato una maggiore sostenibilità del debito italiano. Sarebbe il caso che accadesse almeno nel 2021, sempre che le condizioni finanziarie restino altrettanto ottimali.
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