Donald Trump sta per giurare come 47-esimo presidente degli Stati Uniti. Solo una volta era accaduto nella storia americana che un secondo mandato arrivasse non consecutivamente. La prima volta fu nel 2017, esattamente otto anni fa. Un’altra era per la geopolitica mondiale. Anche per il mercato Treasury, il cui rendimento a 10 anni oggi risulta esattamente il doppio di allora. Dopo il dato sull’inflazione di dicembre, ha ripiegato dal 4,80% a circa il 4,60%. Ma gli analisti non escludono che possa tornare a salire fino alla soglia del 5% e oltre.
Privilegio al capolinea?
Se il Treasury a 10 anni rende il doppio, il debito americano è salito nel frattempo dal 105% al 120% del Pil, lievitando in valore assoluto di circa 16.500 miliardi di dollari. E questo rende tutto più complicato. In questi giorni avrete letto qua e là del cosiddetto “eccezionalismo americano”. Si tratta della peculiarità positiva che ha il Tesoro di Washington di indebitarsi senza preoccuparsi di piazzare i propri titoli sul mercato. Tutti li cercano e li vogliono. Essi sono dollari in altra forma e che in più offrono interessi. E senza dollari non si commercia nel mondo, né si effettuano transazioni finanziarie.
Quello che da un ancora ministro delle Finanze, Valéry Giscard d’Estaing, fu definito oltre mezzo secolo fa “un privilège éxorbitant” continua ad essere tale. Il Treasury a 10 anni oggi verosimilmente renderebbe molto di più se ad emetterlo fosse qualsiasi altro Tesoro al mondo. Basti guardare ai Gilt, che con tassi simili, un debito più basso e una politica fiscale più solida esibiscono rendimenti maggiori. Ma zio Sam s’indebita nella valuta di riserva mondiale. Questo ha fatto sinora la differenza.
Trump cambia approccio
Il mondo cambia in fretta. Trump è colui che forse lo ha capito più di tutti.
I debiti sono stati comprati fino ad oggi dagli eccessi commerciali registrati dal resto del mondo proprio con gli States. Funziona così: l’America compra dall’estero più di quanto esporta. Fiumi di dollari di surplus si creano in Europa e Cina, ma tornano a casa grazie agli investimenti diretti in titoli del debito, azioni e altri asset. Tanto per capirci, Pechino esporta merci negli Stati Uniti e con quei soldi gli Stati Uniti le rifilano i loro debiti. Ed è così che il Treasury a 10 anni, termometro globale del mercato sovrano, può confidare di rimanere in un range di rendimento compatibile con la tenuta delle finanze federali.
Treasury 10 anni e deficit commerciali
Ma Trump punta proprio ad azzerare i deficit commerciali. Automaticamente, quindi, piccona le basi su cui si regge l’indebitamento a basso costo di Washington. E non ha un piano al momento per ridurre il deficit fiscale. L’America corre il rischio di ritrovarsi con un mercato molto meno ampio di quanto è stato sinora per i suoi bond. La buona notizia è che dei 36.200 miliardi di debito, solamente per 7.380 miliardi è in mano agli investitori. Il resto lo detengono le numerose agenzie governative. Una dimensione bassa rispetto al Pil. Ma ciò non toglie che la domanda può “congelarsi” con il taglio del deficit commerciale a colpi di dazi e senza un risanamento dei conti pubblici.