La riforma fiscale del governo Meloni è passata al vaglio anche della Camera. Il Parlamento ha così dato il via libera al ddl per l’esercizio della delega da parte dell’esecutivo. Ventitré gli articoli approvati e numerose le novità contenute in linea di principio. Per il centro-destra si tratta della madre di tutte le riforme, in quanto attesa da diversi decenni e che punta ad ammodernare il sistema impositivo, rifondando il rapporto tra stato e contribuente. Obiettivo principale: superare l’attuale Irpef per arrivare alla “flat tax” senza rinunciare a un minimo di progressività fiscale.
Una prima ipotesi per l’esercizio della delega fiscale consisteva nell’introduzione della cosiddetta “flat tax incrementale” a favore dei lavoratori dipendenti. Essi avrebbero, quindi, potuto godere dello stesso trattamento fiscale riservato ad oggi ai lavoratori autonomi. Avrebbero pagato un’aliquota piatta del 15% sui maggiori redditi conseguiti nell’anno rispetto alla media o al reddito più alto dichiarato nel triennio precedente. E’ stata scartata per varie ragioni. La prima è che sarebbe costata troppo, la seconda che la sua traduzione avrebbe comportato difficoltà di applicazione non indifferenti.
Sostegno a consumi e produttività
Anche perché il governo Meloni punta ad offrire un sollievo immediato a milioni di contribuenti. Entro fine anno, in buona sostanza, vorrebbe che i lavoratori percepissero in busta paga un primo segnale dell’alleggerimento fiscale promesso in campagna elettorale. Poiché non ci sono sufficienti risorse per detassare subito l’intera retribuzione, ecco che l’obiettivo diventa la detassazione di alcuni suoi elementi come per l’appunto la tredicesima e gli straordinari. Entrambi aiuterebbero consumi e produttività.
Come sappiamo, la tredicesima è erogata con la busta paga di dicembre, a meno che il lavoratore non ne abbia richiesto la sua erogazione mensilmente.
Tredicesima e straordinari tassati al 15%?
La detassazione di tredicesima e straordinari prevede, chiaramente, il pagamento di un’aliquota Irpef più bassa. Quale sarebbe? Non sappiamo ancora la sua entità. Nei mesi scorsi, si era speculato su un’aliquota fissa del 15%. E torniamo sostanzialmente alla “flat tax” già prevista per gli autonomi. Se così fosse, più alto il reddito dichiarato e maggiore il beneficio fiscale. Ad esempio, un lavoratore con tredicesima pari a 3.000 euro lordi e reddito complessivo di 39.000 euro, anziché pagare 1.050 euro di Irpef sulla prima, verserebbe allo stato 450 euro. Il risparmio sarebbe nel suo caso di 600 euro.
Su una tredicesima di 1.500 euro lordi, l’aliquota sarebbe, invece, del 25%. Pagando il 15%, si risparmierebbero 150 euro. Non sappiamo, però, se il governo intenda fissare un limite al reddito beneficiato dalla detassazione di tredicesima e straordinari. Sui dettagli verificheremo entro qualche mese. Ciò che rileva è il cambio paradigmatico: più lavori e più lo stato ti favorisce. Il taglio dei sussidi va nella medesima direzione, ossia risaltare il lavoro al posto dell’assistenza passiva. In ogni caso, questo sarà solo il primo pilastro di una riforma che dovrà attuarsi entro la fine della legislatura, cioè al 2027. Provvedimenti una tantum saranno destinati ad essere soppiantati da una revisione definitiva delle aliquote e dei contributi previdenziali.