Nuovi dati dell’Istat che confermano come l’anno nuovo sia iniziato con l’aumento della pressione fiscale, scendono anche i risparmi e il potere di acquisto delle famiglie italiane. Secondo i dati Istat, la pressione fiscale è arrivata al 40% nel terzo trimestre del 2018, aumentando dello 0,1%.
La fotografia dell’Istat
Nel rapporto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche viene segnalato il peso delle tasse sempre più stringente, soprattutto se accostato al risparmio, al reddito familiare e al potere d’acquisto delle famiglie. Nonostante il reddito disponibile dei nuclei familiari è aumentato dello 0,1% sembrano cresciuti dello 0,3% anche i consumi che rendono dunque nulli i risparmi degli italiani.
Potere d’acquisto delle famiglie in calo
Secondo il Codacons: “La diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie italiane è un segnale pericoloso perché ha effetti negativi sui consumi e sull’economia nazionale. I nostri timori su un peggioramento delle condizioni economiche dei consumatori trovano conferma nei numeri diffusi oggi dall’Istat, i consumi permangono in fase di stallo con una crescita inconsistente del +0,3%, mentre il reddito disponibile segna un misero +0,1%. per gli acquisti i consumatori devono quindi attingere ai risparmi, che non a caso risultano in calo del -0,2%” ha commentato il presidente Carlo Rienzi, che continua spiegando che “Un quadro negativo deve portare il governo a lavorare per introdurre misure in grado di aumentare realmente il potere d’acquisto dei cittadini e avere effetti positivi sui consumi ancora del tutto insoddisfacenti”.
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Anche per Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori: “Fino a che il potere d’acquisto peggiora ed i redditi restano al palo, è chiaro che i consumi non potranno ripartire come servirebbe per rilanciare la crescita e si resterà agli zero virgola.
I dati Istat mostrano che nel terzo trimestre del 2018 la pressione fiscale è stata pari al 40,4% del Pil mentre il rapporto deficit/Pil è stato segnalato all’1,7%, in miglioramento rispetto al trimestre precedente. Interessanti anche i dati sulla spesa per interessi aumentata di circa 1,7 miliardi per l’effetto spread.
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