Sono passati oltre due mesi e mezzo da quando Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali negli Stati Uniti e lunedì scorso c’è stato l’insediamento. Eppure l’Europa non ha ancora elaborato il lutto per la perdita del mondo che fu. Non ha la benché minima idea di quale strategia adottare per dialogare con la Casa Bianca nei prossimi anni. E forse anche per questo il mercato teme che la “Trump economy”, come viene definita la politica economica della nuova amministrazione americana, alla fine farà più danni proprio al nostro continente che altrove.
Timori sull’inflazione, rendimenti in rialzo
In tutto il mondo assistiamo dall’autunno scorso a una risalita dei rendimenti sovrani, interrotta a tratti dall’ottimismo sui tagli dei tassi di interesse futuri. Il Treasury a 10 anni offriva poco più del 3,60% a metà settembre, mentre è arrivato a rendere il 4,85% nelle sedute passate e ancora viaggia in area 4,65%. Il Bund a 10 anni è schizzato da poco più del 2% a un massimo di oltre il 2,60% e oggi offre più del 2,50%. E’ il segno che le aspettative d’inflazione si siano surriscaldate, come si dice in gergo. In effetti, quelle a 5 anni negli Stati Uniti sono passate da un minimo dell’1,80% a settembre a più del 2,50% a gennaio.
Ed è proprio la Trump economy a rivitalizzare tali aspettative. Il mercato teme che i dazi americani possano aumentare i costi di beni e servizi, impattando sui prezzi al consumo. Per questo crede che la Federal Reserve limiterà i tagli dei tassi di interesse futuri. Ne sconta soltanto uno per quest’anno. E in Europa? Monitorando l’Euribor a 3 mesi, di tagli dei tassi il mercato per il 2025 ne intravede altri 3-4 dello 0,25%. E allora come si spiega il rialzo dei rendimenti?
Il punto è che la Trump economy per gli investitori si tradurrà verosimilmente in un aumento sia dell’inflazione che del Pil americani.
Europa senza guida dinnanzi alla Trump economy
E’ così che si spiegano rendimenti in ripresa, cambio euro-dollaro verso la parità e tassi attesi in calo. La Banca Centrale Europea si troverebbe costretta a tollerare livelli d’inflazione anche leggermente sopra il target del 2%, pur di impedire la crisi nell’Eurozona. Stando così le cose, la Trump economy per noi europei si tradurrebbe in una fase prolungata di stagflazione, mentre l’America andrebbe verso un surriscaldamento complessivo della sua economia. Le previsioni sono fatte per essere smentite. Ad oggi, però, sembra proprio che l’Europa sia l’area peggio attrezzata per il nuovo mondo. Bruxelles non ha una politica capace di fiutare i trend globali e una classe dirigente degna di nota.