Non è stato siglato un vero cessate il fuoco, ma il presidente americano Donald Trump è riuscito ad ottenere dalla Russia di Vladimir Putin un accordo per sospendere gli attacchi alle centrali nucleari in Ucraina per i prossimi 30 giorni. Un passo che andrebbe nella direzione di una “pace duratura”, stando ai commenti delle due parti. I mercati appaiono disorientati. Da un lato le quotazioni del petrolio ripiegano, dall’altro risalgono quelle di oro e gas europeo.
Trump e Russia, rivelazione di Bessent
Proprio il metallo ha segnato nelle ultime ore l’ennesimo record storico a 3.044 dollari l’oncia. E questo sarebbe un dato assai temuto alla Casa Bianca, come ha svelato indirettamente ieri il segretario al Tesoro, Scott Bessent.
Egli ha parlato di dazi, difendendo come sempre la strategia del presidente. E ha aggiunto un particolare non di poco conto. Sostiene di avere ricevuto da Trump il mandato di “rivedere il regime delle sanzioni USA“, il quale “minaccia lo status di valuta di riserva del dollaro“.
Queste parole interpretano meglio di ogni analisi la politica trumpiana di queste settimane e che ai tanti appare confusa, se non contraddittoria. Trump vuole la pace ad ogni costo con la Russia, non perché sia innamorato di Putin o detesti l’Ucraina. Molto più semplicemente teme che sul piano globale la guerra abbia creato le condizioni per porre fine al dominio del dollaro. Non oggi, non domani, ma tra non molto tempo.
Boom di oro tra banche centrali
Il boom dell’oro tradisce questa paura. Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, le quotazioni sono esplose del 60%.
Merito della forte domanda delle banche centrali, ormai stabilmente sopra le 1.000 tonnellate all’anno. E cosa le spinge ad accumulare così tanti lingotti tra le riserve? La voglia di allentare la dipendenza dal dollaro, specie da quando gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali hanno dimostrato al mondo di poter “congelare” riserve valutarie per centinaia di miliardi di dollari a chiunque ritengano essere loro nemici. La Russia si vede bloccati da 3 anni asset per 300 miliardi, per la stragrande parte investiti in Europa.
Numerose sanzioni USA
Le sanzioni americane hanno preso di mira negli ultimi anni numerosi altri stati, tra cui Venezuela e Iran. Sulla loro efficacia ci sono molti dubbi. C’è di certo che accrescono la sfiducia di parte crescente del mondo verso il sistema finanziario USA, ritenuto a rischio nel caso di tensioni geopolitiche. Ma questo con il tempo può minare alle basi del dollaro, che in qualità di valuta di riserva è detenuto da tutte le tesorerie centrali e corporate per investire e commerciare. Questo status garantisce a Washington la possibilità di emettere debito in grandi quantità e a costi relativamente bassi.
La pace a cui Trump vuole tendere con la Russia ruota attorno a questo punto. Prima finisce la guerra, prima gli USA potranno allentare e finanche azzerare le sanzioni contro Mosca. Ciò riporterebbe la fiducia, specie in Asia, verso il dollaro.
A maggior ragione se un accordo lo si trovasse in seguito anche con l’Iran, al cui ayatollah Khamenei Trump ha scritto una lettera un paio di settimane fa. E c’è sempre il pallino di giungere a un’intesa persino con la Corea del Nord di Kim Jong-Un, altra realtà sotto embargo internazionale.
Trump vuole pace con Russia per salvare il dollaro
Nella visione trumpiana, il futuro dell’America dovrà essere all’insegna di più dazi e meno sanzioni. I primi servirebbero a riequilibrare la bilancia commerciale, mentre il dollaro conserverebbe il suo dominio globale. L’oro è l’anti-dollaro per eccellenza. Più sale e più segnala problemi per la divisa americana. Ecco perché la pace con la Russia per Trump va ben oltre il destino dell’Ucraina. Si tratta di difendere il sistema economico su cui zio Sam ha impostato il proprio benessere da oltre un secolo.