Cos’è il ‘Trump put’ e perché i mercati stanno imparando a proprie spese che non esiste

I mercati continuano a sperare nel cosiddetto "Trump put", ma agli inizi di marzo è stato il segretario al Tesoro a smentirne l'esistenza.
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4 giorni fa
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Trump put esiste?
Trump put esiste? © Licenza Creative Commons

Si pensava che i primi mesi sotto la nuova amministrazione americana sarebbero stati diversi. Invece, Wall Street è sotto di oltre il 6% dai massimi toccati a febbraio e i rendimenti dei Treasuries sono scesi di circa mezzo punto percentuale dai livelli di quasi metà gennaio. E adesso inizia a circolare seriamente il dubbio sull’esistenza effettiva del cosiddetto “Trump put”. Ad essere sinceri, già agli inizi di marzo ci aveva pensato il segretario al Tesoro, Scott Bessent, a smentire. Tra gli investitori è forse prevalsa la sensazione che si trattasse di un bluff per evitare l’eccesso di euforia sui mercati. La realtà potrebbe essere meno piacevole: forse è stato sincero.

Borsa americana giù dai massimi

Cos’è il “Trump put”? Si tratta di un’espressione che sottintende l’intervento del presidente americano in difesa dei mercati se qualcosa andasse storto. Essa è mutuata dal linguaggio finanziario, in cui le opzioni put assegnano al possessore la facoltà, ma non l’obbligo, di vendere un asset a un dato prezzo (“strike price”) entro o ad una certa data. In questo modo, la parte del contratto che ha comprato il premio, nei fatti si tutela contro il rischio di una discesa dei prezzi sul mercato.

In altre parole, il “Trump put” sarebbe l’assicurazione che i mercati sostengono di possedere contro una possibile caduta degli indici azionari. E questo si deve al fatto che il presidente nel primo mandato tra il 2017 e il 2021 fu effettivamente molto attento all’evoluzione della borsa americana. Ogni volta che ne intravide qualche segnale di stanchezza, intervenne con annunci che ne risollevarono le sorti.

Note le pressioni sulla Federal Reserve alla fine del 2018 per ottenere lo stop al rialzo dei tassi di interesse. Il tycoon arrivò a minacciare il governatore Jerome Powell di licenziarlo se non si fosse adeguato. Indovinate: si adeguò.

Governo USA per correzione del mercato?

Sarà così anche stavolta? I mercati ci hanno creduto, sottovalutando le minacce dell’amministrazione riguardo ai dazi. L’umore ha iniziato a cambiare nelle ultime settimane. Alcune dichiarazioni di Bessent hanno lasciato intendere che la Casa Bianca vedrebbe persino di buon occhio l’arrivo imminente di una recessione economica. Il Pil USA è cresciuto negli ultimi anni a colpi di debito pubblico e questa situazione è considerata insostenibile. Le stesse valutazioni azionarie sarebbero eccessive, tant’è che il segretario al Tesoro ritiene “salutare” una loro discesa.

Il “Trump put” non esisterebbe per davvero, quindi. Da cui la correzione del mercato. I tagli alla spesa federale adottati dal DOGE di Elon Musk potrebbero impattare negativamente i consumi e la crescita. La Federal Reserve stessa non avrebbe intenzione di accontentare il governo con nuovi tagli ai tassi di interesse. L’inflazione resta alta e le aspettative si stanno surriscaldando. E qui viene meno un altro “put”, quello che in origine fu di Alan Greenspan, potente governatore dal 1987 al 2006. L’uomo interveniva a sostegno dei mercati ogni volta che questi andassero in crisi.

Il “Greenspan put” è considerato fattore scatenante della gravissima crisi finanziaria del 2008-’09.

Senza Trump put fine di un’era

Insomma, molti difetti dell’America odierna deriverebbero da una politica compiacente con i mercati finanziari. Questi avrebbero smesso di valutare i rischi in maniera corretta, confidando nel sostegno sempre e comunque di governo e Fed. Si cambia musica? Presto per dirlo, ma la sensazione che sul “Trump put” si siano sbagliati i calcoli c’è. Alcune intemperanze verbali del presidente pare che siano volte esplicitamente a fiaccare la borsa per impedire che le quotazioni salgano ai livelli di allarme. Paradossale che avvenga con un businessman alla Casa Bianca. Ma del resto l’intento non sarebbe punitivo. E la vittoria elettorale di novembre si deve più alla reazione di Main Street contro Wall Street.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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