Donald Trump ha vinto contro tutto e tutti (compreso il suo partito) le elezioni USA e tra poco più di due mesi sarà a tutti gli effetti il nuovo presidente americano. Gli effetti della sua vittoria, non prevista da quasi alcun analista politico e finanziario, si stanno facendo sentire sui mercati finanziari: acquisti sul comparto azionario e vendite su quello obbligazionario. E’ il risultato dell’attesa di un surriscaldamento dei prezzi e nella conseguente politica monetaria più restrittiva della Federal Reserve.
Reagan vinse le elezioni 36 anni fa su un programma economico di rinascita per l’America e imperniato sui seguenti punti: tagli alle tasse, lotta all’inflazione, deregulation e privatizzazioni. A differenza di Trump, quindi, le sue ricette per l’economia (e non solo) avevano una matrice ideologica molto chiara e d’impronta neo-liberista.
Similitudini e differenze tra Trump e Reagan
Un’altra differenza con la situazione attuale sta nel clima economico in cui si ritrovò allora a vincere l’ex attore di Hollywood. Le economie occidentali si trovavano in stagflazione, per effetto delle due crisi petrolifere degli anni Settanta (1973 e 1979), provocate dall’accordo OPEC per aumentare le quotazioni. La crescita dei prezzi schizzò a due cifre tra i paesi importatori, arrivando al 20% all’inizio degli anni Ottanta in Italia. A proposito, quasi per uno scherzo del destino, anche oggi l’OPEC cerca un accordo al suo interno per ravvivare le quotazioni. V’immaginate cosa significherebbe per l’inflazione e, quindi, per i tassi, se ci riuscisse? (Leggi anche: Stagflazione, ritorno possibile)
Così come oggi, le banche centrali di allora reagirono alla crisi con politiche monetarie espansive, tagliando i tassi per cercare di stimolare la ripresa economica.