I primi crac sovrani negli anni Ottanta
L’avvio delle strette in due principali economie mondiali provocò un rialzo dei tassi anche in Europa e nel resto del pianeta, con la conseguenza che gli stati, che avevano approfittato dei bassissimi costi (reali negativi) per indebitarsi, non furono più in grado di sostenere il nuovo corso e alcune capitali emergenti iniziarono a scricchiolare sotto il peso ingente dei debiti accumulati.
La prima economia a farne le spese nell’estate del 1982 fu il Messico, esposto verso le banche americane, che chiese aiuto al Fondo Monetario Internazionale, il quale gli fornì assistenza dietro la richiesta di applicazione di una serie di riforme economiche, che spregiativamente presero il nome di “Washington Consensus”.
Il caso Italia: oggi come allora siamo a rischio
Oggi, la situazione economica di partenza ha tratti simili ed altri contrapposti a quelli di allora. Le politiche monetarie delle banche centrali principali sono ultra-espansive, ma a differenza di 36 anni fa, l’inflazione è molto bassa o, addirittura, negativa un po’ in tutte le economie avanzate. E, però, il rialzo improvviso dei tassi potrebbe diventare anche oggi un grave problema per alcuni paesi molto indebitati. Tra questi, ahinoi, rientra proprio l’Italia.
La nostra economia già negli anni Ottanta subì gli effetti negativi del trend restrittivo globale, perché deteneva ingenti disavanzi fiscali, che si aggravarono per l’aumento della spesa per interessi. Ciò portò al famoso raddoppio del rapporto debito/pil in poco più di un decennio e fino al 114% di inizio anni Novanta. Oggi, i deficit sono relativamente contenuti, ma l’indebitamento è altissimo (133% del pil) e la crescita nominale è pressoché azzerata. (Leggi anche: Crisi debito e banche, circolo vizioso che rischia di farci tornare al 2011)