Pessime notizie per i consumatori in Turchia. L’istituto statistico nazionale di Ankara, Turkstat, ha reso noto, che nel mese di marzo l’inflazione è salita all’11,29% dal 10,13% di febbraio, superando le attese per un tasso in crescita al 10,7%. Si è trattato del livello più alto dall’ottobre del 2008 e del primo dato a doppia cifra dal marzo del 2012. I prezzi di cibo e alcool sono esplosi di quasi il 22% su base annua, ma anche al netto delle componenti variabili (alimentari freschi ed energetici), l’inflazione risulta in accelerazione al 9,46%.
Il cambio tra lira turca e dollaro è rimasto pressoché stabile dopo la pubblicazione del dato, indebolendosi a un’ora di distanza dello 0,13% a 3,6414. La valuta anatolica ha perso quest’anno il 3%, ma grosso modo sta reagendo bene alle misure della banca centrale, che ha tagliato nei mesi la liquidità alle banche locali, pur evitando il più possibile di ricorrere a un aumento dei tassi di riferimento, agendo sugli altri tassi del corridoio introdotto anni fa. (Leggi anche: Lira turca guadagna 6% in 5 settimane, accordo Turchia-Russia vicino)
A Erdogan interessa solo la crescita
Eppure, è proprio l’indebolimento del cambio ad avere provocato l’impennata dei prezzi negli ultimi mesi. La lira turca ha perso circa un quarto del suo valore dal fallito golpe ai danni del presidente Erdogan a luglio. La banca centrale, che pure persegue un target d’inflazione del 5%, di fatto non ha fatto nulla per impedire un surriscaldamento dei prezzi, dovendo rendere sempre più conto al governo e al presidente sulla politica monetaria, ed entrambi si mostrano fortemente contrari a una stretta.
Speranze di una svolta monetaria ad Ankara non ve ne sono, almeno non fino a quando si terrà questo mese il referendum costituzionale, che nelle intenzioni di Erdogan dovrebbe garantirgli ampi poteri e trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale.