Il turismo in Italia deve ancora scegliere a chi fare concorrenza

Il turismo in Italia non sta vivendo l'estate da record sognata e prevista. Al di là di fattori contingenti, manca una riflessione di sistema.
1 anno fa
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Turismo in Italia e la concorrenza sconosciuta
Turismo in Italia e la concorrenza sconosciuta

Possiamo pagare un caffè al bar 4 euro o una puccia 26 euro in Puglia? Ed è possibile che all’aeroporto Fontanarossa di Catania chiedano 6,20 euro per un arancino? E che dire di una camera d’albergo da 500 euro a notte in media a Positano? Le polemiche ogni estate non mancano e questa si sta distinguendo per le forti prese di posizione delle associazioni dei consumatori verso prezzi e tariffe apparentemente fuori controllo. Se poi ad agosto i dati preliminari parlano di un crollo delle prenotazioni per il 30%, l’allarme è scattato per davvero.

Ma la vera domanda che dovremo porci prima di ogni altra sarebbe la seguente: il turismo in Italia a chi fa concorrenza?

Prezzi folli o raffronti sbagliati?

In queste settimane stiamo assistendo a paragoni improbabili, almeno in parte, come tra le tariffe degli stabilimenti balneari in Puglia e quelle praticate nella vicina Albania. O tra i prezzi per pranzare e cenare fuori in Sicilia e quelli medi praticati nell’isola accanto di Malta. E’ corretto questo raffronto? Sì, se intendiamo porre l’accento circa il rischio di perdere quote di mercato in favore di queste mete turistiche alternative. No, se guardiamo al prodotto Italia nel suo insieme.

Pensare di confrontare i prezzi italiani con quelli croati, albanesi, maltesi, greci o egiziani è fuori luogo. In primis, perché fortunatamente siamo ancora un’economia avanzata, cosa che non si può dire delle numerose realtà circostanti. Lo stipendio medio di un lavoratore albanese si aggira sui 300 euro al mese. Per quanto bassi siano gli stipendi italiani, non potrai offrire meno di 7-800 euro al mese ad un ragazzino al Sud che svolge servizio ai tavoli in Italia. In generale, tutti i costi sono maggiori nel nostro Paese. Ciò determina un prezzo finale certamente più contenuto in Albania che in Puglia.

Non è tutto. Il turismo in Italia è una grande risorsa grazie al sole, al mare, alla montagna, ai laghi, ai fiumi, alle colline, ma anche alle bellezze storiche, architettoniche e culturali.

Paradossale che possa sembrare, i primi e forse gli unici a non avere sufficiente consapevolezza di ciò siamo proprio noi italiani. Sarà che diamo per scontati il Colosseo, gli Uffizi a Firenze, la Torre di Pisa, la Reggia di Caserta, i Templi di Agrigento, le calli veneziane, ecc. Fatto sta che non mettiamo in debito conto che gran parte degli stranieri (oltre agli stessi italiani) che girano in lungo e in largo lo Stivale non cerchino un’alternativa low-cost a Ibiza o a Sharm-el-Sheikh. Essi vogliono vivere un’esperienza di vita forse irripetibile, fatta di immersione nella storia e nella cultura del Bel Paese.

Servizi anello debole

Questo giustificherebbe prezzi “da rapina”? La risposta è meno scontata di quanto crediamo. Fatto salvo che uno dei problemi italiani sia l’assenza o la penuria di concorrenza tra numerose categorie produttive, il punto è capire perché un italiano a Parigi o a Londra sia ben disposto di farsi depredare il portafogli per un panino o un dessert, neppure spesso di qualità. E perché lo stesso italiano, se si sposta all’interno del territorio nazionale, lamenta il carovita. Un po’ forse dipende dal fatto che pensiamo di dover spendere poco restando in Italia. Ma c’è senza dubbio dell’altro.

Località costose come Parigi o Londra, tanto per restare tra le grandi città europee, offrono a cittadini e turisti servizi impeccabili. Spendi un botto per girare con la metro in queste realtà, ma perlomeno ti muovi velocemente, facilmente e raggiungi ogni destinazione desiderata. Le strade sono in ottime condizioni, per visitare musei, teatri e monumenti godi della massima assistenza, i mezzi pubblici funzionano a meraviglia, che si tratti di un autobus, un tram, un treno, un aereo, semplicemente un taxi o, come detto, di una metro.

Il turismo in Italia ha sino ad oggi vissuto a metà strada tra la convinzione di dover competere con le mete da quattro soldi per ragazzini in cerca di movida e l’ambizione di essere una meta storico-culturale internazionale. Nel primo caso, ha come concorrenti Ibiza, le Tenerife, la Croazia e l’Albania per limitarci ai paraggi. Nel secondo, il confronto sarebbe con Parigi e pochissime altre realtà mondiali. L’Italia possiede il maggior numero di siti riconosciuti come patrimonio Unesco, non ha eguali nel mondo da questo punto di vista. Ma continua a non scegliere. Se deve diventare definitivamente una grande location movidara, effettivamente risulta essere diventata un po’ caruccia. Se intende spodestare la Francia dalla vetta di meta attrattiva per turisti stranieri, restiamo ancora una realtà “cheap”.

Turismo in Italia colpito da assenza di identità

La non scelta crea ambiguità e spazio per le polemiche. Per nostra fortuna, possiamo permetterci di avere entrambi mercati. Rimini è da sempre una destinazione per giovani di tutta Europa in cerca di divertimento. Venezia è altra cosa. Il problema è che il turismo in Italia non è stato mai offerto con una strategia di marketing appropriata e diversificata tra le varie località. La carenza di servizi persino nella Capitale provoca il malcontento. I prezzi a Roma non sono alti in assoluto, ma lo diventano se li raffrontiamo con realtà di pari livello e che offrono, però, servizi qualitativamente migliori.

Prendete una regione come la Sicilia. Prezzi ancora abbordabili, ma che non sono né carne e né pesce vuoi che la visiti per andare al mare o in montagna, vuoi per scoprirne le architetture greche, arabe, normanne, ecc. Spostarsi da una parte all’altra dell’isola è un incubo tra cantieri, strade dissestate, collegamenti inesistenti, mezzi pubblici da terzo mondo e assenza di assistenza. Non puoi fare concorrenza a mete di livello con questi disservizi, anzi riesci persino a scontentare chi cerca semplice relax e movida con quattro spiccioli in tasca, dato che a quattro passi può recarsi nella ben più economica La Valletta.

L’arancino sopra i 6 euro e la puccia a 26 euro possono diventare accettabili se venduti all’interno di un pacchetto più ampio fatto di storia, cultura millenaria e paesaggi mozzafiato. Ma servono i servizi per collegare il tutto, altrimenti sono percepiti per come che stanno passando in questi giorni agostani: un furto!

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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