Andare in pensione o ricevere una prestazione a carico dello Stato è una delle aspirazioni principali di chiunque supera i 60 anni di età. Innanzi tutto perché a quella età difficilmente si può trovare un lavoro se lo si perde. E, a maggior ragione, se si considera il fatto che gli over 60 dal nuovo Governo Meloni vengono inseriti in una particolare fascia della popolazione che venne definita di fragilità. Effettivamente quando si parlava di sostituire il reddito di cittadinanza o di modificarlo, il Governo pensava di suddividere la popolazione in due fasce.
“Buonasera, ho appena compiuto 60 anni di età e ho un lavoro precario. Ho sentito dire che a 60 anni lo Stato concede degli aiuti. Vorrei lasciare il lavoro dopo 30 anni di contributi versati. Cosa posso sfruttare per poter finalmente dire basta con la mia attività?”
La pensione a 60 anni e le cose che molti non dicono
Una età pari a 60 anni dal punto di vista pensionistico è una età che non consente di andare in pensione con i classici canali. A 60 anni di età possono andare in pensione i contribuenti che raggiungono quei requisiti in deroga alle normative vigenti. Non mancano, però, le misure alternative alla pensione di vecchiaia ordinaria, anche se piuttosto selettive come requisiti. Con 30 anni di contributi versati, invalidi civili, disoccupati e caregiver, possono avere accesso all’Ape sociale, ma servono 63 anni di età almeno.
Pensione a 60 anni? Ecco alcune possibilità
60 anni di età sono idonei alla pensione con invalidità specifica. Chi risulta invalido almeno all’80% ma con riduzione della capacità lavorativa specifica per il lavoro svolto, può andare in pensione a partire dai 58 anni. Ma è facoltà solo delle donne. Per gli uomini infatti servono almeno 61 anni. Il trattamento comunque decorre dopo 12 mesi dal raggiungimento dei requisiti che oltre all’età e alla disabilità, prevedono anche almeno 20 anni di contributi.
Le alternative alle pensioni anticipate senza limiti di età
Chi non raggiunge gli oltre 40 anni di contributi versati che servono per la quota 41 precoci o per le pensioni anticipate ordinarie, o ancora per la quota 103, grandi alternative non ce ne sono. A prescindere dai contributi versati ma con determinate situazioni reddituali, a 67 anni di età si può percepire l’assegno sociale. Una misura prettamente assistenziale che l’Inps eroga a chi non riesce a raggiungere una pensione diretta e che si trova, come dicevamo, in situazioni reddituali precarie.
I sussidi possono tornare utili
Per le donne, agevolate già dalla citata pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile all’80% c’è pure Opzione Donna. Bastano 60 anni compiuti già nel 2022 insieme a 35 anni di contributi per centrare la pensione anticipata contributiva per le donne. Ma occorre essere invalide, caregiver, in aziende con tavoli di crisi aperti o disoccupate. Ma chi compie 60 anni di età nel 2023, se ha completato 35 anni di contributi nel 2021, può accedere a Opzione Donna con le vecchie regole.
Il reddito di cittadinanza
Con un ISEE sotto i 9.360 euro e con un reddito familiare sotto i 6.000 euro (ma da adeguare alle scale di equivalenza in base al numero dei familiari), c’è il reddito di cittadinanza. La misura scomparirà però il 31 dicembre prossimo. Il sussidio eroga un beneficio economico su una card di Poste Italiane mese per mese, ma con soldi che non si possono prelevare tutti in contante. Soldi quindi che vanno spesi nei negozi convenzionati e per comprare beni di prima necessita, per farmaci o per pagare le utenze domestiche. Dal 2024 il reddito di cittadinanza dovrebbe essere sostituito dalla Garanzia per l’Inclusione. La misura somiglierà al reddito di cittadinanza ed erogherà fino a 500 euro al mese come componente di integrazione al reddito. In aggiunta, per chi vive in una casa con contratto di affitto registrato all’Agenzia delle Entrate, c’è l’aggiunta di massimo 280 euro al mese come compensazione del canone di affitto pagato.