Partenza Cagliari e arrivo a Fiumicino. Questo è stato l’ultimo volo Alitalia, avvenuto giovedì sera. Dall’indomani, ITA ne raccoglie l’eredità con il primo volo decollato da Milano Linate e in direzione Bari. Commozione e lacrime presso tutti gli aeroporti italiani tra il personale di volo e di terra della vecchia compagnia di bandiera. Molti hanno alle spalle una storia anche trentennale in azienda. Non si capacitano di come siano andate a finire le cose. “Abbiamo creato ricchezza per il Paese”, dicono i loro sindacati.
Ma siamo o no la terra del Gattopardo? Non dobbiamo cambiare tutto per non cambiare mai niente? Alitalia non fa eccezione. E lo si capisce quando lo stesso 14 ottobre, si legge che ITA ha ottenuto il marchio Alitalia per soli 90 milioni di euro, molti meno dei 290 milioni del prezzo di base all’asta tenutasi fino a inizio ottobre e andata deserta. I commissari lo hanno assegnato alla nuova compagnia sulla base di criteri insindacabili, come da bando. E chi se lo sarebbe aspettato? Ovviamente, siamo ironici. Anche le pietre sapevano che ITA avrebbe ottenuto il marchio. L’asta era stata un bluff formale concordato tra Roma e Bruxelles per fingere il rispetto delle norme europee contro gli aiuti di stato.
Dunque, per qualche giorno ITA volerà sui cieli italiani e all’estero con il proprio nome, il tempo di brandizzare gli aerei e di sbrigare le formalità burocratiche del caso. Dopodiché si chiamerà Alitalia. E avrà dipendenti Alitalia, seppure solamente 2.800 su 10.500 per la fase iniziale. Insomma, non è cambiato nulla. E’ come se piangessimo la morte di un latitante, che in realtà è rimasto a casa sua e ha semplicemente cambiato la carta d’identità. Per favore, siamo seri.
Non è stato l’ultimo volo Alitalia
Peraltro, la stampa si è ingegnata in questi giorni a creare storie strappalacrime di questa hostess o quel pilota d’aereo rattristati per la fine di una compagnia storica.
In media, un volo Alitalia decollava sempre in perdita. E ogni giorno la vecchia compagnia maturava un rosso di oltre 1 milione di euro. Colpa dei troppi dipendenti? Questa era forse la concausa forte degli inizi Duemila, ma tra il 2004 e il 2020, il loro numero si era dimezzato. Anche la flotta aerea ha vissuto un trend simile, passando da 159 velivoli del 2009 a soli 85 nel 2020. Sarà di appena 52 con ITA, di cui solo 7 per il lungo raggio.
Non piangete per un ultimo volo Alitalia inesistente, ma per l’eredità che ITA riceverà e si trascinerà dietro fino alla prossima crisi. Molto difficilmente la nuova compagnia riuscirà a superare le criticità della vecchia. Il piano consiste nel ridurre i velivoli e ridimensionare il mercato, concentrandosi su quello domestico, dove già subisce la forte concorrenza di low cost come Ryanair. Questione di mesi o qualche anno al massimo e ITA-Alitalia dovrà essere ceduta a un qualche grosso pretendente straniero. Si fa già il nome di Lufthansa. E nemmeno in quell’occasione dovremmo piangere, semmai sarebbe opportuno che chiedessimo conto a chi di dovere come mai non sia stato possibile rilanciare in alcun modo le sorti di una compagnia in una Nazione che figura tra le principali mete turistiche al mondo.