Il “repricing” ancora in svolgimento sul mercato obbligazionario ha colpito particolarmente i titoli con “duration” elevata. Parliamo di quelli con basse cedole e tendenzialmente a lunga scadenza. I bond a 100 anni dell’Austria ne sono un esempio lampante. L’ultimo emesso nel giugno 2020 scade il 30 giugno 2120 e offre una cedola fissa lorda dello 0,85% (ISIN: AT000A2HLC4). Già dal tasso d’interesse striminzito si capisce come il governo di Vienna fu in grado meno di due anni fa di finanziarsi sui mercati a costi infimi e con una scadenza lontanissima.
A dicembre del 2020, cioè a meno di sei mesi dall’emissione, il nuovo bond a 100 anni dell’Austria toccò la quotazione di quasi 139. Arrivò ad offrire poco più di un terzo di punto percentuale. Oggi, questo titolo prezza sui 63 centesimi, offrendo un rendimento annuale dell’1,57%. In pratica, in 15 mesi ha registrato un crollo di circa il 55%. Nel frattempo, il rendimento è quasi quintuplicato.
Bond a 100 anni, possibili soddisfazioni in conto capitale
Ancora nel dicembre scorso, il bond a 100 anni prezzava sopra la pari. Di lì in avanti, il tracollo. Del resto, è evidente che dovesse andare così. Partiva da un rendimento ridicolo e a fronte di una durata pluri-generazionale. Al momento, il titolo offre qualcosa come 0,35-0,40% in più della scadenza a 30 anni. E qui il discorso inizia a farsi interessante. Se mantenesse sempre questo spread e se il rendimento trentennale austriaco tendesse ai livelli massimi toccati negli anni precedenti alla pandemia, dovremmo ipotizzare che arriverebbe ad offrire qualcosa intorno al 2% o poco più. Basterebbe scendere in area 60 centesimi.
Dunque, il crollo di prezzo sembrerebbe essere quasi giunto al capolinea. Certo, inserendo il bond a 100 anni in portafoglio non alzeremmo di certo il rendimento, né proteggeremmo granché il potere d’acquisto. D’altra parte, trattasi di un “safe asset” destinato ad apprezzarsi nuovamente quando le condizioni di mercato torneranno a consentirlo.