Il mercato dei diamanti sembra essere uscito dalla crisi degli anni passati, come segnalano i conti di De Beers, la società più grande al mondo, attiva nell’estrazione e nella commercializzazione di gemme preziose, che detiene ancora una quota di mercato del 30%, pur in netto calo dal 45% di 10 anni fa e dall’80% posseduto ancora fino agli inizi degli anni Novanta. Il colosso ha chiuso con utili più che raddoppiati a 667 milioni di dollari dai 258 del 2015 e ricavi per 6,07 miliardi. La ripresa è stata possibile con il taglio della produzione di diamanti, scesa del 5% a 27,3 milioni di carati, a fronte di vendite complessive per 30 milioni (+50%), segno che De Beers ha smaltito anche parte delle scorte di magazzino, accumulate nel periodo precedente.
Per quest’anno, la produzione attesa è di 31-33 milioni di carati, anch’esso segno della ripresa in atto della domanda. Quest’ultima è sempre più sostenuta da un nuovo mercato, quello cinese, che rappresenta ormai un nono del totale mondiale, grazie a un fatturato di 45 miliardi di yuan nel 2016, pari a circa 6,6 miliardi di dollari. (Leggi anche: Crisi diamanti, De Beers taglia i prezzi del 10%)
Giovani cinesi pazzi dei diamanti
La buona notizia per il settore non è solo e tanto questa, quanto il fatto che il 70% dei diamanti venduti in Cina è stato acquistato dai cosiddetti “millenials”, i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni. Nella media dei primi quattro mercati (USA, Cina, India e Giappone) delle gemme preziose nel mondo, i giovani rappresentano il 45% del fatturato complessivo, per cui i cinesi mostrano potenzialità molto allettanti, considerando l’apparente perdita di appeal dei diamanti tra i “millenials” occidentali, che sempre meno tendono a sfoggiare uno status symbol come un bene di lusso per rimarcare la propria posizione sociale.
Da qui, la svolta anche pubblicitaria delle compagnie, che hanno deciso di sganciare l’immagine dei diamanti da quella del matrimonio, alla quale sono stati associati per decenni.