Avere un figlio dopo i 50 anni, un argomento che abbiamo trattato, molto delicato, legato a mille pregiudizi e a mille difficoltà. La legge italiana non permette di avere un figlio a 50 anni.
La legge ha stabilito che solo le donne Under 43 potranno versare un ticket per usufruirne, mentre le altre dovranno pagare fino a 6.000 euro.
Il ricorso alle cliniche estere vale per la maggior parte delle donne italiane, vista la maggiore efficienza delle stesse ed i prezzi in linea dovuti in Italia per usufruire della fecondazione eterologa senza ticket.
In molte regioni italiane solo le pazienti con meno di 44 anni d’età possono beneficiare della fecondazione.
La maggior parte delle pazienti sono escluse dal ticket e costrette ad andare all’estero. Secondo gli esperti, il 70% delle donne che desiderano ricorrere alla fecondazione eterologa hanno superato i 43 anni d’età.
La fecondazione eterologa in Italia stenta a decollare a causa di lacune normative, organizzative e problematiche socio culturali.
Nell’attesa in cui in Italia nasca una coscienza della donazione come nei paesi esteri e vengano colmate delle falle legislative, ad oggi, la maggior parte delle donne desiderose di ricorrere a questa tecnica, non sembrano poter fare a meno di varcare i confini nazionali.
Le difficoltà per queste donne sono tante, una nazione che non le rispetta, che impone limiti e che è pronta a giudicarle. Ma ci sono donne che c’è la hanno fatta, Giovanna è una di loro, una donna forte che ha deciso di raccontarci la sua storia, la sua gioia e il perché è importante avere il dono di un figlio dopo i 50 anni. Leggiamo il suo racconto, potrebbe fornire preziosi consigli a chi intende percorrere la stessa strada.
Avere un figlio a 53 anni, com’è stato per te?
Premetto che mi sono sposata a 47 anni, mi chiamo Giovanna, quando mi sono sposata ero ancora mestruata, ma subito dopo sono andata in menopausa.
Non mi sono scoraggiata, ho fatto 8 interventi con ovulo donazione e sono stati tutti una fregatura.
Mi rivolsi ad un ginecologo ospedaliero per farmi fare un controllo prima di iniziare per la nona volta un trasfert, poiché venivo stimolata con ormoni e quindi sapevo i rischi che correvo. Questo ginecologo mi disse che se volevo tentare un’altra volta, dovevo andare fuori Italia.
Nel frattempo non ero più dipendente della clinica, ma ero dipendente dell’Ospedale, quindi una struttura pubblica, e questo mi dava la possibilità di poter andare all’Estero senza perdere il lavoro.
Trovai appoggio presso la casa di una mia amica in America, avevo da poco compiuto 52 anni, era il 2000, e mi avevano detto che questo era l’ultimo tentativo.
Avevo 52 anni quando in America mi hanno fato il trasfert (il nono trasfert). Prima del trasfert, mi hanno studiata, la clinica dove è avvenuto è Montefiore Medica Center – Dobbs Ferri, New York 10522.
Posso solo dirti che avere un figlio a 53 anni è stata la realizzazione di un sogno, vedermi crescere il pancione e sentire i miei bambini muoversi nell’addome, era una continua emozione, mi rifiutai di praticare l’amniocentesi perché avrei accettato i miei due bambini comunque. Dio me li aveva mandati, per me era il dono più grande che mi faceva.
Quali sono stati i tuoi sentimenti quando hai accettato l’ovodonazione?
Quando mi hanno praticato l’ovodonazione e i miei sentimenti sono stati di riconoscenza verso la persona che mi aveva dato l’opportunità di provare quella gioia infinita ed è per questa ragione che non ho mai nascosto di aver fatto un ovulodonazione. Perché la nobiltà d’animo di una donna che dona può dare l’opportunità ad una altra donna di essere felice.
I pregiudizi e le idee contrastanti ti hanno creato problemi?
Nel 2001 i pregiudizi erano tanti ma se si accetta un trapianto di cuore, o di reni o di altri organi, non vedo perché una donna si deve creare problemi, bloccare dai pregiudizi. Premetto che i problemi ci sono stati, a mio figlio quando frequentava l’asilo , fu detto da altri bambini che lui non era mio figlio. Io conoscevo il mio paese e fin da piccolo (all’età di 3/4 anni), gli dicevo che la mamma aveva finito gli ovetti (gli avevo fatto vedere quelli di una gallina) e per farlo nascere avevo attraversato l’oceano. Non mi persi d’animo, mi recai all’asilo e parlai con la mamma di quel bimbo e le dissi che mio figlio, era diecimila volte mio figlio più del suo, perché lo avevo desiderato ed avevo corso dei rischi che lei certamente non aveva corso, da quel giorno i nostri bambini diventarono amici.
Consiglieresti alle donne, che hanno superato i 50 anni e non riescono ad avere figli, a fare un trattamento del genere? Perché?
Io per esperienza diretta consiglierei a tutte le donne che stanno fisicamente bene di non rinunciare alla gioia di essere mamma perché per me fare un figlio e la completezza di una donna. Quando di notte mi affaccio nella stanza di mio figlio e lo sento respirare io sono la donna più felice del mondo, credo che nessuna ricchezza potrebbe darmi la stessa gioia.
L’intervista prosegue alla seconda pagina, troverete i consigli della nostra lettrice interessanti.