Dal prossimo anno ci saranno meno soldi a disposizione per il reddito di cittadinanza. Lo ha stabilito il governo discutendo del decreto fiscale che sottrae fondi alla misura tanto cara al M5S.
D’altronde, come avevamo scritto tempo fa, se viene meno quota 100 per le pensioni, il reddito di cittadinanza non può continuare ad essere finanziato così com’è. Sul punto c’è stato anche un teso confronto con il leader della Lega Matteo Salvini.
Reddito di cittadinanza con meno soldi dal 2022
In un recente confronto con il premier Draghi, Salvini aveva chiesto l’abolizione del reddito di cittadinanza in risposta alla fine di quota 100.
Il reddito di cittadinanza quindi rimarrà anche per il 2022, ma con circa un miliardo di euro in meno a disposizione. Cosa significa questo? Non è ancora chiaro dove si andrà a tagliare, ma una cosa è certa, saranno intensificati i controlli prima della concessione del beneficio.
Del resto sono molti finora gli abusi riscontrati da parte del Inps e della Guardia di Finanza da parte di persone che non ne avevano diritto. Difficile poi andare a recuperare le somme già pagate da parte del Inps.
Il flop per chi cerca lavoro
Il taglio alla spesa del reddito di cittadinanza è anche stato deciso in previsione di un miglioramento delle condizioni economiche e sociali. Ad agosto, secondo i dati Inps, i nuclei percettori del reddito (e pensione) di cittadinanza sono stati quasi 1,36 milioni, pari a oltre 3 milioni di persone coinvolte
La situazione è però destinata a migliorare nel 2022 e il reddito di cittadinanza potrebbe richiedere un minore impegno finanziario, anche se si parla comunque di oltre 10 miliardi all’anno. Troppi soldi per uno strumento che non ha funzionato ed è stato bocciato anche dal Fmi e Ocse come misura temporanea per la ricerca di occupazione.
Le percentuali di chi ha trovato impiego con il reddito di cittadinanza sono bassissime e le prospettive, in questo senso, nonostante gli sforzi, non sembrano incoraggianti. Del resto, in un Paese dove la disoccupazione giovanile viaggia intorno al 28%, non c’è da meravigliarsi se manca l’offerta. E quando arriva, si tratta sempre di impieghi temporanei, saltuari e malpagati.