Tempi stretti per la riforma delle pensioni. La fine di quota 100 impone che si intervenga con la legge di bilancio per evitare lo scalone con le regole previste dalla Fornero, cioè tutti in pensione a 67 anni.
Partiti e parti sociali premono sul governo affinché si faccia in fretta una riforma duratura e credibile che non penalizzi i lavoratori. Ben consapevoli che le risorse economiche a diposizione non ci sono e che la spesa del sistema previdenziale italiano è ormai un pozzo senza fondo.
Una pensione su tre è anticipata
A oggi, secondo l’ultimo rapporto Inps, una pensione su tre risulta di natura anticipata
e questo impatta negativamente sui conti dello Stato. Se poi si rapporta questo aspetto con la longevità che nel nostro Paese è superiore alla media Ocse, non è difficile immaginare gli impatti finanziari sul bilancio pubblico nel tempo.
Logico supporre che il governo Draghi dal 2022 non potrà concedere il beneficio della proroga di quota 100, come vorrebbe la Lega. Ma nemmeno permettere che si facciano altre riforme a debito sulle pensioni.
L’equilibrio del sistema pensionistico è minacciato sostanzialmente dagli importi (elevati) delle pensioni liquidate col sistema retributivo. Ma anche misto, laddove la parte retributiva ha un peso preponderante sull’assegno liquidato.
Pensioni più basse dal 2022
Non potendo più mettere mano all’età pensionabile di vecchiaia (67 anni) che, anzi, è di 3 anni superiore alla media europea, bisognerà per forza toccare gli importi delle pensioni. Non quelle in essere ovviamente, ma quelle future.
Al momento, tutti i progetti di riforma sono infatti orientati in tal senso e più passano i giorni, maggiori sono le probabilità che le pensioni future saranno tagliate. I dubbi si diradano e con l’avvicinarsi della scadenza di quota 100, le cose paiono sempre più chiare.
In sostanza, l’intenzione è quella di prorogare opzione donna (in pensione a 58 anni con 35 di contributi) che già prevede una forte penalizzazione.
Sarà prorogata anche Ape Sociale (in pensione a 63 anni con 30 o 36 di contributi) allargandola a più categorie di lavoratori usuranti. Ma anche in questo caso si tratta di una indennità concessa fino alla maturazione del diritto alla pensione con al massimo 1.500 lordi al mese e senza tredicesima.
Infine si punta concedere la pensione flessibile a 63 anni a tutti, ma solo se la liquidazione dell’assegno avverrà in due tranches distinte. Il che prevede, anche in questo caso, una penalizzazione.