Il governo Meloni non appena si saranno calmate le acque sulle questioni di geopolitica, tra dazi di Trump, riarmo europeo e guerre in giro per il Mondo, dovrebbe tornare a parlare di pensioni. La riforma delle pensioni dovrebbe essere uno degli obiettivi dell’esecutivo. Nessuno ha dimenticato le promesse elettorali di superare la riforma Fornero, di cancellare la legge del governo Monti e di trovare nuove misure di pensionamento anticipato utili a raggiungere questi obiettivi.
E allora molto presto sarà il momento di agire. Magari chiamando di nuovo le parti sociali agli approfondimenti. O tornando a chiedere al CNEL, cioè a quel pool di esperti attivato proprio per trovare anche sulle pensioni una soluzione riformatrice, una via di uscita.
Una riforma delle pensioni che non può non partire da un primo dato di fatto. C’è da evitare che i requisiti continuino ad inasprirsi.
Età pensionabile, perché deve aumentare?
Il primo passaggio di una ipotetica nuova riforma delle pensioni passa dall’età pensionabile. L’ISTAT ha certificato in netto aumento la stima di vita della popolazione a partire dai 65 anni di età. La Ragioneria di Stato ha preso questi dati ed ha confermato, come previsto dalla legge, la necessità di alzare di 3 mesi i requisiti per le pensioni di vecchiaia e per le pensioni anticipate, dal 2027. Quando partirà il nuovo biennio. E come previsto, ogni due anni i requisiti per le pensioni vanno confermati, o adeguati se la stima di vita della popolazione aumenta. Come effettivamente sta aumentando adesso. E come accaduto in passato, quando nel 2019 per esempio, i requisiti per le pensioni passarono da 66,7 anni di età pensionabile a 67 anni.
Età pensionabile da bloccare, ecco il primo passo per la riforma delle pensioni
Al riguardo va detto che il governo Meloni pare stia per lavorare sulla sterilizzazione di questo incremento. Probabilmente nessuno reputa questa cosa una vera riforma delle pensioni, ma invece potrebbe essere un primo passo. In effetti perfino il Ministro Giorgetti ha detto che quasi certamente il governo bloccherà l’incremento del 2027. Troverà le risorse utili a questa operazione e fermerà l’aumento. In attesa che ciò avvenga, e se mai dovesse, deve farlo entro la fine del 2025, perché secondo noi questo è un primo passo? Innanzi tutto perché riformare il sistema significa superare la riforma Fornero. E fermando l’adeguamento biennale alle aspettative di vita, in effetti prenderebbe già le prime distanze da ciò che la legge Fornero prevede. E non è cosa da poco.
Da quota 41 alla pensione a 64 anni per tutti ma flessibile
Ma l’operazione più complicata sarebbe senza dubbio quella di varare nuove misure che permetterebbero di anticipare la pensione più che di congelarla ai requisiti attuali. Perché se è vero che si sterilizza l’età della pensione di vecchiaia a 67 anni. E se è vero che anche le pensioni anticipate ordinarie resteranno a 42,10 anni di versamenti per gli uomini e 41,10 per le donne, bisogna fare comunque altro.
Sicuramente si tornerà a parlare della quota 41 per tutti. Uno strumento che consentirebbe di anticipare la pensione senza limiti di età per tutti i lavoratori e non come oggi, solo per i precoci e soprattutto, solo per gli invalidi, i caregivers, i disoccupati e gli addetti ai lavori gravosi.
Anche in questo caso sono gli esponenti della Lega a volere con forza questa misura, così come sono loro a volere la sterilizzazione degli aumenti del 2027.
Ecco il punto della situazione tra nuove ipotesi ed età pensionabile
Bloccare i requisiti è una saggia decisione anche per evitare nuovi “mini esodati” dal 2027. Per evitare che ci sia chi, dopo Isopensione e contratti di espansione, cioè dopo i prepensionamenti fino ai 67 anni, si trovi con 3 mesi di vuoto nel 2027, dovendo aspettare i 67 anni e 3 mesi per la pensione di vecchiaia.
Andrebbe però trovata una soluzione che permetta a chi non ha maturato carriere così lunghe come quelle previste per le anticipate ordinarie o anche per una ipotetica nuova quota 41 per tutti, di trovare canali più flessibili. Magari estendendo a tutti la possibilità di andare in pensione a 64 anni. In pratica, la pensione anticipata contributiva per tutti. Con solo 20 anni di versamenti. E con una pensione minima pari a 3 volte l’assegno sociale (1.616 euro circa al mese) ma che per raggiungere la quale valgono anche i versamenti nei fondi pensione integrativi. In questo modo da 64 a 67 anni un lavoratore avrebbe sempre di che scegliere. Anche 3 anni di flessibilità sarebbero una specie di toccasana per chi desidera valutare la convenienza ad uscire prima dei 67 anni.
Non sono d’accordo. I requisiti devono seguire l’attesa di vita
Non sono d’accordo i requisiti devono seguire l’attesa di vita
Trovo che non valutare in maniera equa e giusta i contributi versati negli anni 70/80 sia una enorme penalizzazione per chi ha iniziato a lavorare magari in età adolescenziale e magari si è trovato poi a dover fare i conti con aziende che andavano in “cassa integrazione speciale o chiudevano “e forzatamente ci si è dovuti adattare ad anni di lavori usuranti e molte volte senza contributi ….credo sia un’ingiustizia Senza eguali ….Grazie
Sì continua a far passare la pensione “solo contributiva” a 64 anni con 20 anni di contributi e con l’ausilio della previdenza integrativa come una possibilità reale di uscita anticipata fruibile.
Ma vi siete chiesti quanti lavoratori “solo contributivi” possono arrivare a percepire una pensione pari a 3 volte l’assegno sociale?
È una possibilità solo ipotetica “a chiacchiere”, visto che solo pochissimi fortunati ne potranno usufruire.