Fu nota per la Blitzkrieg, quella che sarebbe dovuta essere una “guerra lampo” e che durò, invece, ben sei anni, provocando disastri materiali e innumerevoli morti. La Germania adesso deve fare i conti con un altro “blitz”, stavolta subito e ad opera di un incursore straniero non militare. Il suo nome è Andrea Orcel, da inizio 2021 Ceo di Unicredit. Da quando è alla guida di Piazza Gae Aulenti, le azioni si sono apprezzate in borsa del 380%, portando la capitalizzazione ad oltre 60 miliardi di euro (+48 miliardi).
Blitz di Orcel per aumentare peso negoziale di Unicredit
E’ di qualche settimana fa la notizia che Unicredit ha acquistato il 9% del capitale di Commerzbank, seconda banca tedesca. Il 4,7% è arrivato niente di meno che dal governo tedesco stesso, il quale aveva ceduto la partecipazione detenuta a seguito della nazionalizzazione del 2009. Non si aspettava, tuttavia, che a comprare fosse un solo soggetto tramite Goldman Sachs e JP Morgan, che si sono occupate del cosiddetto “accelerated bookbuilding”.
Ieri, la nuova incursione di Orcel con l’annuncio di avere sottoscritto strumenti finanziari (opzioni di acquisto) per salire di un altro 11,5% nel capitale di Commerzbank fino al 21%. Allo stesso tempo, ha chiesto formalmente l’autorizzazione alla Banca Centrale Europea (BCE) di poter salire fino al 29,9%, cioè a ridosso della soglia del 30% oltre la quale scatta l’obbligo di lanciare un’Offerta Pubblica di Acquisto. Al 21% Unicredit salirà subordinatamente all’autorizzazione concessa dalla BCE per superare la soglia del 20%.
Capitalismo tedesco minacciato alle basi
La Germania è sotto choc. Da predatore si è ritrovata a indossare i panni della preda. E su un mercato che custodisce da sempre molto gelosamente. Dovete sapere che le banche tedesche sono il cuore pulsante dell’economia nazionale. Dimenticate Deutsche Bank. Pur essendo la prima banca del paese, essa non è granché attiva nell’erogazione di prestiti all’economia reale.
Orcel sta minacciando l’essenza stessa del capitalismo teutonico, caratterizzato da una miriade di Sparkassen di rilievo locale e tutt’al più regionale. Controllate dai partiti politici, erogano prestiti a basso costo e con criteri da manica larga all’industria. Di fatto, sono le banche il punto di forza dell’economia in Germania. Ecco perché l’establishment tedesco si sta sollevando contro Unicredit. L’ente statale Finanzagentur ha persino aperto un’indagine per capire come mai nessuno al governo fosse al corrente circa il rischio che a comprare sarebbe stato un unico soggetto. Inaccettabile, oltre tutto, che a mettere le mani sui loro risparmi sia un’italiana. L’Italia è associata a inefficienze pubbliche e interessi nazionali contrastanti nell’immaginario collettivo tedesco.
Germania contraria, BCE favorevole
Nei giorni scorsi, il governo di Olaf Scholz aveva smentito una sua precedente dichiarazione, annunciando che non avrebbe venduto a breve la quota residuale del 12% in Commerzbank. Un modo per impedire a Unicredit di scalare ulteriormente Commerzbank. Anzi, si era sparsa voce che avesse contattato Deutsche Bank per disturbare l’operazione di Orcel con una controfferta. E dal consiglio di sorveglianza dell’istituto, Stefan Wittmann, aveva espresso la sua più totale contrarietà alla scalata “inappropriata” e “aggressiva”. Sulla stessa linea i sindacati, che hanno un forte ascendente sul Partito socialdemocratico del cancelliere.
Ed è per questa ragione che Orcel ha voluto giocare d’anticipo. Anziché attendere che Berlino si organizzasse per indebolire o sventare del tutto l’operazione Unicredit, ha messo tutti davanti al fatto compiuto.
Possibile accordo con Scholz o OPA
Avere il governo ostile nel capitale non è cosa auspicabile. Difficilmente, infatti, gli altri investitori istituzionali si metterebbero contro Berlino. Orcel rischierebbe di avere la maggioranza relativa e non comandare ugualmente la banca. A quel punto, due le alternative: giungere ad un accordo con il governo Scholz o lanciare un’OPA per conquistare almeno il 51% di Commerzbank. La prima strada sembrerebbe la meno dolorosa per tutti. Una possibile soluzione consisterebbe nel garantire a Berlino che la testa dell’istituto scalata resterà in patria. In pratica, il management non sarà né rimpiazzato, né costretto a trasferirsi a Milano.
Attenzione, perché non è questione di location. Il punto è capire cosa accadrà a una Commerzbank in mani italiane. I tedeschi cercano rassicurazioni circa il fatto che i loro risparmi rimangano nel circuito domestico, cioè che non finiscano per finanziare imprese di altre economie, a partire dall’Italia. Orcel ha giustificato l’operazione con la convinzione che ci sarebbero grosse sinergie in qualsiasi caso, cioè che Commerzbank resti autonoma o venga inglobata nel gruppo Unicredit tramite una previa fusione con Hvb, altra controllata sin dal 2005.
Orcel sciocca la Germania
La Germania sta scoprendo finalmente a sue spese che il mercato unico non è soltanto quell’espediente che le permette di esportare senza barriere normative e tariffarie. Finora ha vissuto nella convinzione che si trattasse di una condizione “win-win”, vale a dire che alla fine la spuntasse sempre su tutto. Certezze che Orcel ha messo in discussione con un blitz in uno degli asset più rilevanti del sistema economico tedesco.