Non si placa la polemica attorno all’azzeramento dei bond AT1 di Credit Suisse per 16 miliardi di franchi svizzeri. Il mercato ha preso di mira le obbligazioni subordinate emesse dalle banche europee, sospettate di riservare cattive sorprese agli investitori. L’Unione Europea è scesa in campo per spiegare tramite le sue autorità finanziarie che quanto accaduto in Svizzera non sarebbe possibile negli stati membri, in quanto l’azzeramento delle obbligazioni subordinate può avvenire solo dopo che le perdite siano ricadute sul capitale azionario.
Il bond perpetuo non ha scadenza, per cui Unicredit può anche non rimborsarlo mai. Stacca un interesse annuale del 6,625% per i primi sei anni. In data 3 giugno, però, la banca potrà o rimborsare il capitale o decidere di continuare a pagare le cedole agli obbligazionisti. In questo secondo caso, il tasso corrisposto non sarebbe più fisso, bensì variabile. E per l’esattezza sarebbe fissato a 638,7 punti base (6,387%) sopra il tasso midswap a 5 anni fino al 3 giugno 2028, quando scatterebbe la seconda data “callable”.
Bond perpetuo, da giugno cedola sopra 9%
Sulla base dell’attuale tasso di mercato quinquennale, pari al 2,94%, Unicredit dovrebbe pagare ai possessori del bond perpetuo una cedola annuale sopra il 9,30%. C’è da dire, comunque, che la banca italiana avrebbe modo di rifinanziarsi sui mercati a tassi inferiori, se è vero che il bond senior a tasso fisso in scadenza nel settembre 2026 offre al momento intorno al 4% lordo. Forse è anche questa il motivo della decisione non ancora ufficialmente resa nota, dato che si tratta di voci di corridoio. Ci sarà tempo fino agli inizi di maggio per assumere una decisione formale.
Le autorità di vigilanza ritengono che l’eventuale rimborso del bond perpetuo sarebbe positivo per Unicredit, in quanto placherebbe le incertezze del mercato verso questa categoria di asset in questa fase. Ci sarebbero, dunque, ragioni economiche alla base dell’eventuale scelta. L’emittente dovrebbe sborsare cedole altissime per i successivi cinque anni. D’altra parte, il mancato esercizio della call finirebbe con ogni probabilità per aumentare il costo della raccolta dei capitali per Unicredit. Il mercato prezzerebbe un maggiore rischio, forse non solo a carico delle sue obbligazioni subordinate.
Nei giorni scorsi, UBS ha annunciato il riacquisto delle obbligazioni “bail-in” emesse soltanto una settimana prima. E Credit Suisse stessa richiamerà due suoi bond denominati in euro. Chi può, lancia segnali per attirare la fiducia degli investitori in un momento di irritazione e paura verso strumenti finanziari rivelatisi più a rischio di quanto temuto.