“Nell’Unione Europea c’è il libero mercato”. Taglia corto la premier Giorgia Meloni, che ha così risposto ai giornalisti circa le polemiche in Germania di questi giorni sull’operazione Unicredit-Commerzbank. E’ questa la consegna impartita ai ministri: nessun commento che non vada nella direzione di sottolineare che la vicenda non riguardi il governo, essendo una partita privata. Nei due giorni precedenti erano scesi in campo, contrariati, il cancelliere Olaf Scholz e il suo ministro delle Finanze, Christian Lindner. Il primo ha chiarito che le scalate “ostili” siano “dannose” per le banche.
Unicredit-Commerzbank, chi c’è dietro
E’ Italia contro Germania, ma non siamo su un campo di calcio. In realtà, i contorni di questa vicenda vanno ben al di là dei due paesi. Basti guardare all’azionariato di Unicredit per capire quali siano le bandiere dietro all’operazione. Gli investitori istituzionali detengono il 75% del capitale. Di questi, il 42% sono soggetti con sede negli Stati Uniti e il 25% nel Regno Unito. Mettete assieme i due dati e otterrete che il 67% del 75% di Unicredit è pura finanza yankee. Quanto fa? Il 50,25% del capitale. Decimale più, decimale meno, il senso è che la maggioranza assoluta è in mano agli investitori angloamericani.
Gli istituzionali italiani pesano per appena l’8%, cioè per il 6% del capitale complessivo. Tra i grandi soci troviamo BlackRock, principale fondo Usa, con il 7%. Già da solo supera il peso di tutti gli istituzionali tricolori. Tra gli azionisti italiani non istituzionali abbiamo, invece, il 2,63% in mano alla famiglia Del Vecchio.
Finanza yankee all’assalto della Germania
Se vogliamo dare una lettura più maliziosa all’operazione Unicredit-Commerzbank, diciamo che la finanza yankee stia andando all’assalto della Germania.
L’anglosfera è in rotta di collisione con la Germania da anni. E forse il punto di rottura è stato la Brexit, gestita dall’allora cancelliera Angela Merkel in maniera arrogante e, a tratti, dilettantesca. Da quel momento in avanti, Londra e Washington avrebbero avvertito la necessità di ridimensionare la sfera d’influenza teutonica. Sarebbe ingiusto ed esagerato considerare la finanza yankee come una propaggine del “deep state” angloamericano. Non è così. Semplicemente, nelle stanze dei bottoni è probabile che certi discorsi abbiano convinto fondi e banche circa la possibilità di prendersi pezzi del sistema finanziario in Germania senza ricevere per questo, dietro le quinte, rimbrotti politici in patria.
Mercato unico da delizia a croce per i tedeschi
La Germania sta scoprendo con almeno un paio di decenni di ritardo il significato pregnante di quel mercato unico che ha sempre sostenuto a spada tratta. Finora ne aveva soltanto beneficiato in due modi: trovando altri circa 360 milioni di consumatori (quasi 430 fino alla Brexit) per vendere le sue merci senza dazi e barriere non tariffarie; facendo altrove shopping di pezzi di industria e finanza senza temere che potesse accadere il contrario.
Proprio in questi mesi si sono tenute le trattative per la cessione di Ita alla tedesca Lufthansa. Un’operazione che a Berlino consentirà di entrare in possesso di un asset prezioso, attivo sul crescente mercato turistico e che noi italiani non siamo stati capaci di sfruttare minimamente.
Unicredit-Commerzbank riporta la Germania al realismo
L’operazione Unicredit-Commerzbank farà bene ai tedeschi. Essa li renderà più pragmatici e meno ideologici nei consessi internazionali. Già si avverte qualche risultato. Dopo essere stata la principale sostenitrice del Green Deal, la Germania apre alla richiesta italiana di anticiparne la revisione. E lo fanno tramite i Verdi, che dell’ambientalismo ne hanno fatto una religione di stato. Quando gli interessi nazionali vengono colpiti, i tedeschi iniziano a ragionare. La loro debolezza storica è sempre consistita nell’eccessiva teorizzazione di modelli sganciati dalla realtà. Dipingono mondi perfetti che tali alla prova dei fatti non si rivelano. Guarderanno probabilmente con occhi diversi anche alla finanza yankee, dato che sinora avevano sperato di esserne concorrenti rispettati e temuti.
I maggiori azionisti di Unicredit sono dunque i fondi angloamericani, ma credo che già ora gli stessi fondi abbiano la maggioranza elativa di Commerzbank, ora, che interesse avrebbero questi fondi yankee ad agevolare la nascita di campioni della finanza mondiale in UE che poi, in futuro, potrebbero diventare degli antipatici concorrenti ai colossi USA e UK ?
Direi nessuna.
Per gli imperi finzanziari così come per quelli industriali e militari la regola AUREA è sempre la medesima: ‘dividi et impera’ e gli ameircani e inglesi la conoscono bene.