La sconfitta di Marine Le Pen alle elezioni presidenziali in Francia di domenica scorsa era nell’aria, ma non nelle dimensioni in cui si è palesata, doppiata nei consensi dal rivale centrista ed europeista Emmanuel Macron, sebbene abbia a sua volta raddoppiato le percentuali ottenute dal padre Jean-Marie al ballottaggio del 2002 contro Jacques Chirac. C’è molta delusione tra i dirigenti del Fronte Nazionale, che dopo decenni trascorsi all’opposizione senza alcuna apparente possibilità concreta di andare al governo del paese, avevano quasi respirato aria di vittoria nei mesi scorsi, imbattendosi, invece, in una sconfitta cogente e che ha spinto persino il padre della candidata nazionalista a parlare di clamoroso insuccesso e frutto degli errori di comunicazione commessi dalla stessa.
Se Marine intende cambiare nome al partito per renderlo appetibile agli occhi di ancora oggi si rifiuta di votarlo, il partito propone di cambiare temi e uno dei più stretti collaboratori della leader, tale Gilbert Collard, ha riferito al quotidiano Le Parisien che la questione dell’uscita della Francia dall’euro sarebbe chiusa con la sconfitta di domenica. L’attacco alla moneta unica e alla UE, spiega, non dovrà più essere il tema primario della campagna elettorale del Fronte Nazionale, che spera in una sorta di rivincita alle legislative del mese prossimo. (Leggi anche: Macron ai raggi X)
Le Pen costretta a marcia indietro su euro?
Già nelle ore successive alla sconfitta, i principali dirigenti della destra radicale francese avevano accusato la Le Pen di essersi concentrata poco sui temi storici della sicurezza e dell’immigrazione, puntando il grosso della sua comunicazione contro Bruxelles. Che il tema dell’uscita dell’euro sia stato archiviato, almeno per questa fase, in tutta l’unione monetaria?
A guardare i risultati anche in Olanda di marzo, non pare che gli elettori apprezzino piattaforme programmatiche euro-scettiche a tal punto da mettere in dubbio la permanenza nell’Eurozona.