Questa settimana, Intesa Sanpaolo ha proceduto alla vendita della sua intera partecipazione in Nexi del 5,1%. Ha ceduto 67 milioni di azioni con accelerated building al prezzo cadauno di 8,7 euro. L’incasso totale per la banca italiana è stato di 584 milioni. Il titolo Nexi è precipitato in borsa di quasi il 10% in una sola seduta. Lunedì scorso, aveva chiuso a 9,76 euro, mentre il giorno successivo archiviava la giornata a 8,80 euro, a seguito dell’annuncio.
L’azzeramento della partecipazione da parte di Intesa Sanpaolo è stata una sorpresa.
In effetti, se c’è una cosa apparentemente certa è che non ha venduto per fare cassa. Se così fosse stato, avrebbe cercato di cedere le azioni ai prezzi di borsa, nettamente superiori. Anzi, l’operazione infliggerà a Intesa Sanpaolo una minusvalenza, dato che l’ingresso in Nexi era avvenuto a 9 euro. D’altra parte la liquidità incassata consentirà alla banca di aumentare il suo CET1 ratio, vale a dire il principale indicatore sul grado di patrimonializzazione. Ma non staremmo parlando di grosse variazioni.
L’uscita di Intesa Sanpaolo: azioni Nexi verso grosso calo nel 2023?
Peraltro, il business dei pagamenti digitali non sembra certamente destinato a venire meno nel prossimo futuro. L’uscita dal capitale di Nexi appare illogica, sebbene sotto vi saranno senza dubbio motivazioni razionali. L’ipotesi più accreditata tra gli analisti consiste nella volontà di Intesa Sanpaolo di razionalizzare le proprie partecipazioni azionarie. Non è solita tenere quote di minoranze in altre banche e società. E se vi fosse stato anche il timore di dover svalutare presto tale quota a bilancio?
Le azioni Nexi rischiano un 2023 accidentato a causa dei lock-up in scadenza per gli azionisti Nets, Sia, CDP e Mercury.
Sta di fatto che Nexi in borsa ha perso quasi 1,5 miliardi di capitalizzazione. Ma ne vale ancora 11,5 miliardi. È un fiore all’occhiello della fintech italiana. La cessione di Intesa getta un’ombra sul suo futuro, anche se dai numeri emerge che quoti a forte sconto rispetto a società rivali straniere. E se avesse venduto per ottenere liquidità da usare nei prossimi mesi, quando verosimilmente le tensioni sul mercato del credito monteranno? La probabile recessione rischia di colpire i ratios patrimoniali delle banche e di zavorrarne i conti. Vista così, l’operazione non lancia un bel segnale per l’Italia.