Quasi uno shock per i quasi 330 milioni di utenti di tutto il mondo, quando il ceo Jack Dorsey ha comunicato loro su Twitter, ça va sans dire, che potranno utilizzare fino a 280 caratteri e non più 140, il limite ad oggi esistente. Il manager ha spiegato tale decisione con il fatto che la precedente limitazione è stata legata ai 160 caratteri degli SMS. La novità non riguarderà, però, tutta l’utenza, perché non sarà estesa ai twittaroli di Giappone, Cina e Corea del Nord.
Nelle lingue orientali, si riesce ad esprimere un concetto con minori caratteri, mentre in lingue come inglese, francese, spagnolo e portoghese, sostiene la società, tra gli utenti serpeggia spesso un senso di frustrazione per l’impossibilità di concentrare in 140 caratteri un pensiero chiaro e completo. (Leggi anche: Twitter, è guerra contro soprusi online)
Utenti storici a rischio?
Quale sarà l’impatto di questa novità? Apparentemente, positivo. Eppure, c’è il rischio di alienare l’utenza storica di Twitter, quella che da anni si era abituata alla limitazione attuale e che apprezzava del microblogging proprio la necessità di esprimere concetti compiuti in poche battute. Uno dei principali problemi potrebbe arrivare dal mondo delle imprese, il quale ha trovato abbastanza interessante utilizzare pochi caratteri per lanciare un messaggio al mercato. Qualcuno, se non in tanti, potrebbero decidere di lasciare Twitter, nel caso avvertissero che il raddoppio dei caratteri consentiti trasformi il social in una sorta di secondo Facebook.
Se Dorsey e i suoi managers hanno deciso di innalzare il limite a 280 caratteri, una ragione ci sarà.