Le vaccinazioni sono partite in gran parte del mondo, ma a poche settimane dall’avvio delle campagne nazionali i risultati divergono profondamente di stato in stato. In testa alle classifiche internazionali vi è Israele. Qui, oltre un quinto della popolazione è stato già vaccinato, qualcosa come poco meno di 2 milioni di persone su un totale di 9,29 milioni di abitanti, di cui i tre quarti degli anziani. Da ieri, Tel Aviv ha iniziato a somministrare i richiami, cioè le seconde dosi necessarie per rendere il vaccino efficace contro il Covid.
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L’efficiente Germania, invece, non se la passa altrettanto bene. Qui, le vaccinazioni sono gestite dai Laender, ma i numeri ci offrono una prospettiva molto eterogenea: il Mecklenburg-Vorpommern, la regione che confina con la Danimarca, domina per il momento la classifica delle somministrazioni con 1,56 ogni 100 abitanti, mentre la Sassonia la chiude con appena 0,44. Insomma, ancora una volta sembra cristallizzarsi le differenze tra est e ovest, Laender poveri e Laender ricchi.
All’8 gennaio scorso, su 1,3 milioni di dosi ricevute, la Germania ne aveva somministrate solo 530 mila, il 40%. Pur indietro di due giorni nella comunicazione dei dati, risulta superata dall’Italia, che ieri ha chiuso con 643 mila somministrazioni, avendo coperto l’1,06% della popolazione contro lo 0,64%. Le cause dei ritardi tedeschi appaiono diverse. In primis, proprio la regionalizzazione delle campagne, con alcune ad avere accentrato la distribuzione delle dosi e altre che stanno affidandosi perlopiù ai volontari della Croce Rossa per carenza di personale infermieristico.
La corsa alla cancelleria dopo Merkel
La questione sta assumendo contorni politici non indifferenti. A settembre, si vota per rinnovare il Bundestag e la cancelliera Angela Merkel non si presenterà per un quinto mandato. I conservatori della CDU-CSU sono alla ricerca disperata di un successore e, ad oggi, non ve n’è l’ombra. Tra i candidati alla segreteria vi sono Armin Laschet, governatore del Nordrhein-Westfalen, la regione più popolosa con circa 17,5 milioni di abitanti, nonché il ministro della Salute, Jens Spahn. Il primo rappresenterebbe l’ala più di “sinistra” della coalizione, il secondo quella più conservatrice, pur avendo ammorbidito le posizioni da quando fa parte della squadra di governo ed essendo dichiaratamente omosessuale.
Il flop delle vaccinazioni avrebbe effetti negativi sull’appeal del secondo, il quale per correre ha già dichiarato che guarderà ai sondaggi di marzo e li confronterà proprio con quelli di Laschet. Di questo passo, potrebbe tornare in gioco Friedrich Merz, il candidato più apertamente conservatore della CDU e con trascorsi in BlackRock, prima di lasciare la politica proprio con l’assunzione delle redini del partito da parte di Frau Merkel, di cui non è mai stato un grande fan. In generale, però, l’appeal di tutto il centro-destra rischia di vacillare a ridosso delle elezioni federali, se la vaccinazione proseguisse così a rilento. Servirebbe capire se ne approfitterebbero gli alleati socialdemocratici al governo, i quali non potrebbero dichiararsi estranei alle responsabilità, co-gestendo il potere con i conservatori a Berlino. Di certo, la Merkel non vorrebbe chiudere la sua era alla cancelleria con un flop sulle vaccinazioni e sulla stessa lotta al Covid, con contagi e numero dei morti in netta ascesa, e una ripresa economica incerta dopo la crisi del 2020.