Sono passate diverse settimane da quando l’Inail ha reso noto il protocollo di sicurezza per l’organizzazione e la gestione della vaccinazione anti Covid in azienda. Definiti però criteri di distribuzione, limiti e responsabilità (di datore di lavoro, dipendente e autorità sanitarie) la partenza è tardata ad arrivare.
Ma quali sono i motivi di questo ritardo? Chiarite le modalità di azione, perché le imprese – persino quelle che hanno manifestato interesse – non hanno ancora iniziato a vaccinare?
Dietro allo slittamento ci sono problemi più che altro legati alla disponibilità delle dosi, da Regione a Regione, ma la struttura commissariale guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo pare decisa a partire il prima possibile, indicando delle date di possibile inizio.
Vaccino Covid in azienda: la data della possibile partenza
Secondo quanto emerso dalla struttura commissariale guidata dal generale Figliuolo, la vaccinazione dei dipendenti in azienda potrebbe già partire a fine maggio o nei primi giorni di giugno.
Tutto, come anticipato, dipende dalle dosi del vaccino Covid a disposizione delle varie Regioni. Si conta però che, con le nuove forniture in arrivo, entro la fine del mese (o inizio del prossimo) ce ne dovrebbero essere abbastanza da coprire la richiesta, sia nel pubblico che nel privato. Nello specifico, si parla di 15/17 milioni di vaccini a maggio, ai quali si andrebbero ad aggiungere poi le 30 milioni di dosi di giugno.
Ciò che non è ancora chiaro, tuttavia, è se ci saranno altri criteri legati allo stato di emergenza che influiranno sulla partenza. L’andamento della campagna vaccinale nazionale, di fatto, potrebbe continuare ad avere il suo peso in questo senso. Per esempio, nulla è stato detto riguardo alla vaccinazione delle categorie considerate più “a rischio”. Se si avvierà la vaccinazione nelle aziende quando saranno vaccinati tutti gli over 60 o tutti gli over 65 non è stato ancora chiarito.
Vaccino Covid in azienda, i nodi da sciogliere prima della partenza
Scongiurata la mancanza di dosi, i nodi da sciogliere prima di partire con la vaccinazione dei lavoratori nelle aziende – purtroppo – rimangono altri, anche se pur sempre legati alle forniture.
Se, per esempio, si dovesse decidere di far partire la vaccinazione dei dipendenti solo dopo aver raggiunto una certa quota di over 60 (o over 65), questo finirebbe col rappresentare un problema. Il motivo? È semplice: non tutte le Regioni stanno procedendo con lo stesso ritmo.
Molte sono riuscite a raggiungere più facilmente gli anziani e i soggetti fragili, altre stanno facendo fatica. E se la vaccinazione da parte delle imprese dovrebbe dipendere da questo, di fatto, ci troveremmo di fronte ad un’Italia spaccata in due. Dove, da una parte, ci sono aziende che sono riuscite a mettere in sicurezza i propri dipendenti prima (partendo in anticipo), dall’altra quelle che arrancano e sono in ritardo sulla tabella di marcia.
Non dimentichiamo, infatti, che un dipendente vaccinato rappresenta un plus per l’impresa. Infatti, il vaccino renderà più facile gli spostamenti e, pur avendo un costo (circa 20 euro a somministrazione), alla fine dei conti rappresenta un vantaggio. Vuol dire niente più rischi legati al contagio e, quindi, niente più lavoratori in quarantena e/o sospensione delle attività a carico del datore di lavoro.
Inoltre, considerate le diverse aziende operanti all’interno di un territorio, quale tipo di ordine si dovrà seguire? La disponibilità delle dosi potrebbe mettere le Regioni di fronte alla necessità di dover scegliere a chi dare la precedenza.
Secondo alcuni, dovrebbero avere la precedenza le realtà operanti nella grande distribuzione (supermercati, negozi etc.) – da sempre in prima linea dallo scoppio della pandemia – e quelle del turismo, settore volano per l’economia del Paese. Ma in questo caso, niente di ufficiale è stato ancora deciso.