Ho letto tutti gli articoli finanziari da lei pubblicati con estrema chiarezza ed incisività. Non sono un esperto in finanza ma dalla vecchia scuola sono possessore di BTp. Ora alla luce del MES, chi detiene BTp e secondo quando prospettato esiste la possibilità di perdere il capitale o parte del capitale, oppure in caso di perdita del valore del BTp bisogna portarlo a scadenza o vendere tutti i BTp che sono ad ora sono in positivo?
Gentile lettore,
rispondo con piacere alla sua email con una prima precisazione: le riflessioni sulla riforma del MES o Fondo salva-stati non hanno alcun intento allarmistico, ma mirano a contribuire al dibattito pubblico, denotando i rischi di lungo termine di una revisione delle regole, che non starebbe tenendo in considerazione tutte le conseguenze che essa comporterebbe. Un po’ come quando nel nefasto autunno del 2011, Francia e Germania pretesero che l’EBA, l’autorità bancaria europea, imponesse alle banche nell’area di iscrivere i titoli di stato a bilancio al loro valore di mercato (“mark-to-market”) al 30 settembre, di fatto segnalando un rischio default allora inesistente per i BTp e i Bonos, i due bond nell’occhio del ciclone in quei mesi per via della crescente sfiducia sui mercati finanziari verso l’euro. Sappiamo cosa accadde: lo spread BTp-Bund esplose fino ai famosi 576 punti base e a novembre il Tesoro emise BoT a 6 mesi con rendimento record del 6,4%. Silvio Berlusconi dovette lasciare Palazzo Chigi tra le urla di piazza.
Fatta questa doverosa premessa, il sottoscritto ostinatamente crede che il valore dei titoli debba sempre rispecchiare i fondamentali; nel caso specifico i BTp sono il debito di un’economia italiana certamente debole, ma non in default. I nostri conti pubblici non appaiono rassicuranti, ma più sul fronte del rapporto debito/pil, mentre il deficit resta confinato sotto il tetto del 3% imposto dai parametri europei e la spesa per interessi, che è quella che effettivamente conta ai fini del nostro ragionamento sulla sostenibilità del debito, continua a scendere in valore assoluto e rispetto al pil, puntando al 3%. Ricordiamo che all’epoca della prima crisi dello spread, gli interessi sul debito valevano intorno al 5% del pil.
Non è che rispetto al 2011 siamo diventati fiscalmente più virtuosi, semmai la BCE ha azzerato i tassi ed è da poco tornata ad acquistare i titoli di stato sotto il “quantitative easing”, con la scusante dell’inflazione bassa. Fino a quando i rubinetti della liquidità a Francoforte rimarranno aperti, i BTp non rischiano sul serio. Nemmeno con lo spread fin sopra i 300 bp nell’autunno 2018 abbiamo corso seri pericoli, anche perché il livello assoluto dei rendimenti si mostrava storicamente assai basso.
E la riforma Fondo salva-stati?
La riforma del Fondo salva-stati crea premesse negative per i BTp, ma non aspettiamoci sconquassi immediati alla sua approvazione. Anzi, i mercati finanziari inizialmente vedranno positivamente che l’Eurozona si sia data meccanismi certi per soccorrere gli stati membri in difficoltà. Lei mi chiede, però, se bisogna portare i titoli a scadenza o se corrono il rischio di decurtazione del valore nominale (“haircut”) per via della riforma e cosa fare nel caso di ripiegamento dei corsi. Premesso che non si tratti di offrire consigli per gli investimenti, personalmente ritengo improbabile la prosecuzione del rally dei BTp nei prossimi mesi e per due ragioni specifiche: l’Italia subirà fibrillazioni politiche con il governo “giallo-rosso” sempre più traballante e i mercati finanziari hanno già scontato gli effetti degli stimoli monetari sui bond, i cui prezzi si sono portati ai massimi record nell’estate scorsa.
Il momento migliore per l’acquisto dei BTp è stato di recente la fine dello scorso anno, mentre quello migliore per rivenderli tra agosto e settembre scorsi. Non sapendo a quali prezzi Lei abbia comprato, non sarei in grado di suggerirle quando avrebbe convenienza a vendere. Ancora oggi, però, le quotazioni rimangono elevate rispetto alla media dei valori pre-massimi. Se il suo timore fosse che da qui alla scadenza potrebbe subire perdite per effetto di una ristrutturazione del debito pubblico, chiarisco subito che stiamo parlando di probabilità assai basse e che, comunque, il rischio teorico appare quasi inesistente per le scadenze medio-brevi, divenendo appena percepito per quelle lunghe. Se, infine, avesse in portafoglio BTp già in perdita, probabile che sarebbe conveniente liberarsene, dato che il trend a breve non appare positivo e così almeno minimizzerebbe le minusvalenze. E, pertanto, sarebbe anche arrivato il momento di monetizzare i guadagni per i BTp in attivo.