L’annuncio è arrivato a borse chiuse da parte del Ministero di economia e finanze. Nella serata di ieri è stata affidata a Bank of America, Citogroup, Jefferies e Mediobanca la vendita del secondo pacchetto di 157.461.216 azioni Monte Paschi di Siena (MPS) pari al 12,50% del capitale. L’operazione è avvenuta attraverso la procedura nota come “accelerated bookbuilding”, che consente la cessione di una quota rilevante in tempi molto stretti e fuori mercato. A seguito di essa, la quota del Tesoro è scesa dal 39,23% al 26,73%.
Azioni MPS vendute a leggero sconto
Le azioni MPS sono state vendute ad un prezzo di 4,15 euro, cioè a sconto del 2,49% rispetto al valore di chiusura della seduta di ieri, che era di 4,26 euro. L’incasso è stato di circa 653 milioni di euro. A novembre, sempre il Tesoro aveva venduto un primo pacchetto del 25% per 920 milioni. Il prezzo di vendita fu allora di 2,92 euro per azione, a sconto del 4,9% rispetto al valore di borsa precedente all’annuncio.
Come pattuito anche quattro mesi fa, il Tesoro si è impegnato con i Joint Global Coordinators e i Joint Bookrunners a non vendere ulteriori azioni MPS per i prossimi 90 giorni (periodo di “lock-up“) senza il loro consenso. Con questa mossa, ha incassato complessivamente 1,573 miliardi con la cessione del 37,50% del capitale. Lo stato si è così ripreso il denaro impiegato alla fine del 2022 per partecipare pro-quota all’aumento di capitale da 2,50 miliardi.
Contribuenti ancora in perdita, persi 40 mln di cedola
Il bilancio della nazionalizzazione, tuttavia, resta profondamente negativo per i contribuenti italiani. A fronte dei 7 miliardi sinora spesi, ne sono rientrati meno di un quarto. La vendita delle azioni MPS si è resa necessaria per segnalare alla Commissione europea l’intento di privatizzare la banca senese entro l’anno. Probabile, quindi, che vi sarà una terza e forse definitiva cessione da qui a dicembre. Ed è altrettanto probabile che avverrebbe attraverso un’offerta riservata nei confronti di un acquirente interessato.
Quanto alla tempistica, il Tesoro ha voluto approfittare del buon momento per le azioni MPS in borsa. Guadagnano quest’anno un altro 32%, mentre la capitalizzazione è salita sopra 5,20 miliardi. Vero è che dopo ieri ha rinunciato a circa 39,4 milioni di dividendo, essendo esso in pagamento il prossimo 20 maggio e, chiaramente, per le azioni MPS possedute in quel momento. Tuttavia, il timore del governo è da tempo di perdere il treno della privatizzazione. Con il taglio dei tassi di interesse in vista, le banche potrebbero vedere ridotti i propri margini e, quindi, gli utili.
Unicredit resta unica pista probabile
Ma la vera questione resta un’altra: ora che lo stato è sceso nettamente sotto la soglia del 50% e, addirittura, sotto il 30%, cosa ne sarà di Rocca Salimbeni? Un pretendente non esiste ancora. Si continua a fare il nome di Unicredit, anche se più che altro per assenza di alternative concrete. L’amministratore delegato, Andrea Orcel, ha spiegato dopo la presentazione dell’ultima trimestrale che il capitale in eccesso dell’istituto da lui guidato è stimato in 9-10 miliardi secondo i criteri pre-Basile IV, in 6-7 miliardi post-Basilea IV. Se entro 3-5 anni non si troverà impieghi alternativi, ha aggiunto, disporrà la sua distribuzione agli azionisti.
Un cardine per eventuali operazioni di shopping, ha altresì chiarito, consisterà nell’investire in asset che fruttino almeno il 15% in termini di tasso interno di rendimento. Considerato che, alle attuali quotazioni di borsa, Unicredit acquisterebbe il 30% delle azioni MPS per 1,7 miliardi e senza l’obbligo di lanciare un’Opa sul capitale rimanente, l’impresa sarebbe certamente alla sua portata. Depurata dai crediti deteriorati, da gran parte dei rischi legali e tornata all’utile, il tasso di rendimento di Siena è stato stimato da Barclays fino a un massimo del 17,2%.
Azioni MPS accrescono l’appeal speculativo
Le altre soluzioni possibili, ma non probabili, sarebbero acquisizioni da parte di Banco Bpm o Bper.