La BBC riporta la notizia dell’arresto di tre dirigenti di una delle più importanti catene farmaceutiche presenti in Venezuela, la Farmatodo, che opera nel paese con 200 punti vendita. Il ceo Pedro Luis Angarita e altri due top manager sono stati arrestati, a seguito di ispezioni da parte delle autorità di controllo sui prezzi, che avrebbe riscontrato irregolarità. I tre uomini sono stati accusati di avere volutamente ridotto il personale impiegato alle casse, in modo da aumentare le file e “creare un disturbo ai venezuelani”.
Tra le accuse, anche quella di avere sabotato le vendite, rendendo irreperibili molte medicine. Il presidente
Nicolas Maduro ha rivendicato l’ordine degli arresti, sostenendo che si tratti di una reazione alla “guerra economica” ingaggiata dai capitalisti contro il suo governo. E ha avvertito che saranno perseguiti e puniti tutti coloro che trameranno contro il popolo venezuelano.
APPROFONDISCI – In Venezuela cresce la carenza di beni e la crisi si aggrava: ecco cosa sta avvenendo Pronta la reazione di Freddy Ceballos, presidente della Federazione Farmaceutica del Venezuela, che ha sottolineato come Farmatodo si fosse impegnata a collaborare con il governo e ha avvertito a sua volta il governo che questi arresti potrebbe scatenare qualcosa di nuovo, dato che sono finiti in galera proprio coloro che avevano offerto la loro disponibilità a lavorare in sintonia con le autorità. Il caso Farmatodo non è nuovo. Nell’ottobre del 2013 partì qualche migliaio di arresti di commercianti e imprenditori, accusati di sabotare la produzione e le vendite, complottando con le opposizioni e gli USA, rendendo impossibile o difficile trovare sul mercato determinati beni. Alcuni stabilimenti furono, addirittura, occupati dai militari, in modo da ripristinare la produzione dei beni che scarseggiano.
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La realtà del paese è drammatica.
A causa sia del controllo dei prezzi, imposti dal governo, sia del
cambio fisso tra bolivar e dollaro a 6,3, le imprese non ritengono conveniente o possibile la produzione, dato che con un’
inflazione al 64% dovrebbero fronteggiare costi esplosivi, senza potere fissare liberamente i prezzi. Inoltre, il cambio è irrealisticamente alto, di circa il 95% al di sopra il suo valore effettivo. Sul mercato nero, infatti, un dollaro viene scambiato a oltre 187 bolivar contro i 6,3 del tasso ufficiale, con la conseguenza che non si trova più valuta straniera per commerciare e importare beni dall’estero. Il Venezuela importa il 75% dei beni che consuma.
APPROFONDISCI – Venezuela, Maduro annuncia aiuti anche dal Qatar. Imposti limiti agli acquisti di cibo Una decina di giorni fa si è tenuta una manifestazione di protesta a Caracas da parte di un migliaio di cittadini, scesi in strada a gridare contro l’aumento vertiginoso dei prezzi – il più alto al mondo – nonché contro le lunghe file a cui sono costretti per fare la spesa. Queste ultime sono la vera spia di una situazione sempre più allarmante, perché segnalano la difficoltà dei consumatori a reperire i beni di cui hanno bisogno, sempre più scarsi e inesistenti sugli scaffali dei negozi. L’indice di scarsità dei beni non viene più pubblicato dalla Banca Centrale del Venezuela da 13 mesi, anch’esso un indizio delle cifre verosimilmente preoccupanti. Nei giorni scorsi, Maduro aveva annunciato un quinto sistema di cambio, che si affiancherà a quello ufficiale, alle
aste Sicad con le quali vengono erogati dollari alle imprese importatrici e a quello vigente sul mercato nero. Il paese è a corto di riserve: appena 21 miliardi di dollari, pari al debito che il governo ha nei confronti delle società private. Da qui, il timore di un
default, stimato dal mercato al 75% entro un anno e al 97% entro cinque anni.
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