Mentre il presidente Nicolas Maduro arringa le sue sparute folle, definendo Donald Trump “il nuovo Hitler”, accusandolo di volere imporre la supremazia razzista contro il popolo del Venezuela e difendendo la solidarietà “cristiana, bolivariana e chavista” praticata nel paese, a suo dire, davanti alla sede dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a Caracas si sono registrate proteste nei giorni scorsi. Diversi medici hanno fatto sentire la loro voce contro l’organismo dell’ONU, invitandolo ad accrescere la pressione sul regime per tentare di risolvere il problema dell’enorme carenza di medicine, stimata all’85%, concausa dell’esplosione di malattie considerate debellate, come il morbillo e la malaria.
Molti venezuelani stanno cercando di sfuggire alla fame dilagante, varcando il confine con la Colombia. Si stima che 25.000 persone al giorno attraversino il Ponte Internazionale Simon Bolivar. Nel tentativo di contribuire a risolvere la crisi umanitaria, Bogotà ha rilasciato una sorta di permesso di mobilità transfrontaliero, che consente ai venezuelani di entrare in Colombia senza passaporto. Pare che già 700.000 ne abbiano fatto richiesta. E le stesse statistiche ufficiali di Caracas parlano di 300.000 persone, che sarebbero andati a vivere nel paese confinante dallo scoppio della crisi.
La chiesa locale di Acuta, cittadina nei pressi del confine con il Venezuela, ogni giorno sfama fino a 2.000 persone, allestendo mega-banchetti all’aperto. Non tutti quelli che arrivano vi restano. Moltissimi entrano in Colombia con una borsa vuota per trovare qualcosa da mangiare e dopo rimpatriano. Qualcuno compie anche due ore al giorno di tragitto per mangiare, magari barattando quel poco che riescono ad ottenere nel loro paese di origine. Senonché, migliaia di donne sarebbero finite a fare il mestiere più antico del mondo, pur di guadagnare dollari preziosi da spendere per mangiare.
Prostitute con la laurea, l’inferno di Maduro
Un bordello al confine tra i due paesi sta registrando da tempo un boom di donne venezuelane, che spesso da medici, ingegneri e altre professioni di un certo livello si trasformano in prostitute. La Women Finding Freedom Association le stima in 6.500 in tutto, numeri che parlano di una tragedia. D’altra parte, per capire come si sia arrivati a tanto, basta pensare che nei giorni scorsi, Maduro ha aumentato per l’ennesima volta il salario minimo, mentre a marzo aveva alzato del 50% quello dei medici, portandolo a 75.000 bolivar. Al cambio fisso di 1:10, farebbero 7.500 dollari al mese, ma è evidente che si tratti di cifre farlocche. Al mercato nero, infatti, tale stipendio equivaleva già sei mesi fa a soli 23 dollari, ma oggi scambiano a meno di 3.
Il cambio cosiddetto “parallelo”, illegale, ma che rispecchia con buona approssimazione il valore effettivo del bolivar contro le altre divise, è oggi a 28.434 contro un dollaro, segnando un nuovo record negativo. L’inflazione sarebbe destinata a schizzare quest’anno fino al 1.600%, secondo il Fondo Monetario Internazionale. A provocare questa catastrofe non può che essere la banca centrale, che nel solo mese tra aprile e maggio ha più che triplicato la moneta emessa, portandola a 40.000 miliardi di bolivares, che al cambio attuale effettivo equivarrebbero a soli 140 milioni di dollari e, tuttavia, inondano il mercato di carta straccia, di cui ciascuno vuole liberarsi il prima possibile, dato che i prezzi si aggiornano al rialzo senza sosta.
La Federazione dei Medici ha consegnato al governo una proposta per innalzare il salario minimo di ben 33 volte. Potrebbe sembrare una sciocchezza, ma si tratterebbe di far guadagnare ai dipendenti della sanità qualcosa come un centinaio di dollari al mese. Cronache di un paese, dove si attende con ansia la liberazione dalle follie di Maduro e del suo regime, ma che ogni giorno si avvicina a un abisso sempre più profondo, senza intravedere reali opportunità di un cambiamento istituzionale.