Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. C’era un club pronto ad accogliere il Venezuela di Nicolas Maduro, vale a dire uno dei tiranni più sanguinari al potere in questi anni nel mondo e capace di affamare la popolazione come pochi nella storia. I Brics, acronimo che da anni si riferisce all’organizzazione delle economie emergenti guidata da Cina e Russia, gli avrebbe spalancato volentieri la porta. Ad essersi messo di traverso è stato il Brasile di Luis Inacio Lula da Silva.
Rapporti con Brasile pessimi
Il presidente brasiliano non ha commentato l’indiscrezione, né ha presenziato al vertice. Formalmente, a causa di una caduta in casa che gli ha provocato un’emorragia cerebrale da monitorare. Adesso, si capisce che probabilmente avrà voluto evitare l’imbarazzo di opporsi all’ingresso del Venezuela davanti al suo leader in persona. I rapporti tra i due paesi sudamericani sono pessimi. Caracas ha indetto di recente un referendum per annettersi gran parte della Guyana, paese che li separa. Lula teme un’espansione militare di Maduro nella regione, nonché la volontà di mettere le mani sui giacimenti petroliferi dello stato confinante.
Maduro è su tutte le furie e per evitare lo scontro diretto con un altro leader di sinistra dell’area, ha addossato la responsabilità del veto a Paes, definito un “fascista sostenitore di Jair Bolsonaro”. La verità è che il Venezuela resta isolato e guarda con apprensione alle imminenti elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Teme che Donald Trump possa tornare alla Casa Bianca. Furono sue le dure sanzioni del 2019, dopo che Maduro aveva vinto elezioni non riconosciute dalla Comunità internazionale, tra l’altro gravate da brogli.
Per UE è Gonzales il presidente legittimo
Nel luglio scorso, il presidente uscente si è dato un altro mandato di sei anni vincendo un’altra tornata giudicata truccata in patria e all’estero.
E l’anno scorso Maduro perdeva un altro sostenitore di peso nella regione: l’Argentina. Il nuovo presidente Javier Milei ha un’agenda di forte ostilità ai movimenti della sinistra radicale in Sud America. L’unico alleato che ancora prova a mediare rimasto nell’area è Gustavo Petro, presidente marxista della Colombia. Fatto sta che le estrazioni di petrolio del Venezuela stanno risalendo dagli abissi solo a seguito dell’allentamento dell’embargo di un anno fa, deciso dall’attuale amministrazione Biden. Questo sta consentendo all’economia domestica di crescere, anche se restano lontani i livelli di benessere raggiunti al 2013. Da allora, il Pil è collassato di quasi i tre quarti e 7,7 milioni di venezuelani si stima che siano fuggiti all’estero tra persecuzioni e fame.
Venezuela isolato
Maduro non può permettersi la riattivazione delle cosiddette sanzioni secondarie da parte di Washington, che renderebbe nuovamente più difficili le esportazioni. A differenza del passato, l’Unione Europea sta mostrandosi meno ambigua sul Venezuela. L’Europarlamento si è spostato a destra e i socialisti non riescono più a incidere in maniera totalizzante sulla politica estera. Loro era stato negli anni passati il tentativo di tenere Bruxelles alla larga da una presa di posizione decisa contro il regime “chavista”. In sé una votazione non muta granché per Caracas, ma l’esclusione dai Brics ha reso nitido l’isolamento internazionale. E se torna Trump, saranno dolori.