I tre quarti dei 30 milioni di venezuelani sarebbero dimagriti di 9 kg a testa nel 2016, a causa della fame dilagante nel paese andino, dove si registra una elevata e diffusa carenza di beni. In Venezuela è in corso una crisi umanitaria allarmante, che costringe almeno un terzo dei suoi abitanti a mangiare fino a un massimo di due volte al giorno, mentre oltre la metà della popolazione vivrebbe in uno stato di indigenza. E’ il quadro di un’economia al collasso, che dal 2014 ad oggi risulta arretrata di quasi un terzo, mentre i prezzi sono esplosi all’attuale percentuale stimata tra il 700% e il 1.600%, a seconda delle previsioni utilizzate da istituti indipendenti nazionali o organismi internazionali, in assenza di cifre ufficiali rilasciate dalla banca centrale di Caracas.
Attenzione a pensare, però, che la crisi stia travolgendo tutte le famiglie in Venezuela. Esiste un nucleo di funzionari, militari, famiglie potenti vicine al regime “chavista” di Nicolas Maduro, che vorrebbe forse che questa fase non finisse mai. Triste dirlo, ma in pochissimi starebbero arricchendosi, contribuendo ad affamare nel senso letterale del termine il resto dei propri connazionali.
La corruzione dietro ai cambi confusi
Per capire cosa stia accadendo, bisogna comprendere i meccanismi distorti su cui viene gestita l’economia venezuelana e di cui, in verità, vi abbiamo dato conto con un articolo di qualche mese addietro (Leggi anche: Perché Maduro si ostina a non dichiarare default). Parliamo, in particolare, del confuso sistema dei cambi. In Venezuela, ne esistono sostanzialmente quattro: uno ufficiale e fissato a 10 bolivares per dollaro; uno semi-libero (Simadi), che scambia moneta nazionale con dollari a un tasso di circa 730; un altro ancora con cui il governo vende all’asta dollari alle imprese importatrici e che prevede un rapporto di circa 2.650 bolivares per dollaro; infine, al mercato nero oggi un dollaro vale 8.460 bolivares.
Il tasso ufficiale fisso risulta così più forte di ben 260 volte rispetto a quello legale più debole e di 850 volte di quello illegale, il quale è anche il più utilizzato dai venezuelani per accedere ai dollari. Ora, le imprese importatrici di cibo e farmaci possono utilizzare il primo, mentre le altre devono fare ricorso ai cambi più deboli.
Che cosa accade con questo sistema? Chi ha la “fortuna” di accedere ai dollari con un cambio forte, trova anche conveniente barare e utilizzare la valuta pesante per scambiarla sul mercato interno a tassi molto più penalizzanti, riuscendo anche in pochi minuti a realizzare profitti enormi e in nero. Facciamo un esempio: un’impresa che importa generi alimentari o materie prime utilizzate nell’industria alimentare chiede di ottenere 100.000 dollari a un tasso di 1:10, ovvero cedendo 1 milione di bolivares. A quel punto, anziché importare realmente (in tutto o in parte) alimenti, potrebbe decidere, magari con la complicità di funzionari compiacenti (i dollari scarseggiano e senza santi in paradiso non li si ottiene), di portare quei 100.000 dollari sul mercato nero, dove vengono scambiati contro 850 milioni di bolivares, evitando controlli sull’impiego della valuta straniera. (Leggi anche: Perché il paradiso socialista di Maduro starebbe cadendo)
Rendite immense solo per gli amici
Nell’arco di un nonnulla, l’impresa, investendo 1 milione di bolivares, se ne porterebbe a casa 850 milioni, realizzando un enorme profitto in nero, sfuggente totalmente alle imposte e pari a 850 volte la cifra investita. Quand’anche non volesse spingersi così oltre, potrebbe cedere i 100.000 dollari sulla piattaforma Simadi, ricavando 73 milioni di bolivares.
Chiaramente, a potersi permettere questo giochetto sono in pochi, tutti amici del governo o di funzionari pubblici, in cambio di una lauta mazzetta. E’ questa la ragione principale per cui Caracas non si deciderebbe a fare fluttuare liberamente il bolivar, nonostante l’inflazione sia esplosa a 3-4 cifre, rendendo ri prezzi ridicoli.