L’anno che è appena iniziato partirebbe male sul piano della crescita dell’economia italiana. Il PIL avrebbe subito una variazione negativa nell’ultimo trimestre del 2022. Lo sapremo per certo alla fine di gennaio, quando l’ISTAT pubblicherà la stima provvisoria. Tuttavia, nel complesso il 2022 si è rivelato un anno più positivo delle attese. Salvo sorprese, il PIL sarebbe aumentato in termini reali del 3,7%. Questo è quanto emerge dalla Nota di Aggiornamento al DEF del 4 novembre scorso, coerentemente con le indicazioni già emerse a fine settembre sotto il governo Draghi.
Divergenza tra deflatore e inflazione
Il diavolo si nasconde nei dettagli, però. Chi si prende la briga di leggersi i documenti finanziari pubblicati dal governo, avrà notato un’apparente incongruenza tra il dato sull’inflazione e il cosiddetto “deflatore” del PIL. Roba tecnica, che vi spiegheremo in maniera elementare. Quando l’ISTAT valuta il tasso di crescita dell’economia italiana, compie una doppia operazione. Anzitutto, deve stimare il PIL nominale, vale a dire la produzione di beni e servizi nel periodo considerato e moltiplicata per i prezzi. Dopodiché, deve sottrarre dal dato ottenuto la variazione tendenziale (annuale) dei prezzi. Essa è anche definita deflatore.
Formalmente, il deflatore non coincide perfettamente con l’inflazione che mensilmente l’ISTAT pubblica e che riguarda le variazioni dei prezzi al consumo per una famiglia tipo. Ma la divergenza di quest’anno appare fin troppo abbondante per passare inosservata. Prima di andare via, il governo Draghi stimava ancora ufficialmente la crescita dell’economia italiana del 3,3%, a fronte di una crescita nominale del 6,4%. Il deflatore era fissato al 3%. Pertanto, il PIL del 2022 sarebbe salito dai 1.782,1 miliardi di euro del 2021 ai 1.896,2 miliardi del 2022.
Con il completamento dei dati avvenuto sotto il governo Meloni, la crescita dell’economia italiana è stata rivista al rialzo al 3,7%. E il deflatore è rimasto invariato al 3%. Il PIL nominale è ora stimato salire a 1.903,3 miliardi. Quanto all’inflazione, al 31 ottobre scorso era stata stimata al 7,3%, tant’è che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, firmò a metà novembre un decreto per la rivalutazione delle pensioni proprio di tale entità. In attesa del dato di dicembre, possiamo affermare che il dato definitivo e completo dell’intero 2022 sarà probabilmente persino superiore.
Crescita economia italiana sovrastimata?
Ora, ci chiediamo come sia possibile che il deflatore del PIL resti stimato al 3% con un’inflazione due volte e mezzo tanto. Nessuno mette in dubbio la credibilità dei numeri dell’ISTAT e del governo italiano. Ci limitiamo ad osservare che gli errori statistici possono essere sempre possibili. E nel caso specifico, porterebbero a sovrastimare la crescita dell’economia italiana. Tanto per rendervi l’idea, se il deflatore del PIL effettivo fosse del 4% e non del 3% stimato, il PIL reale si sgonfierebbe al +2,7%. Se per assurdo coincidesse grosso modo con il dato sull’inflazione FOI, l’economia italiana non solo non risulterebbe cresciuta, ma segnerebbe una variazione negativa nell’ordine di mezzo punto percentuale. Saremmo praticamente in recessione.
Noi non vogliamo essere così sospettosi o pessimisti. Gli uffici dell’ISTAT dispongono certamente di una mole di dati e conoscenze di gran lunga superiori a qualunque altro analista indipendente. Ci limitiamo a prendere atto che l’impatto dei possibili errori statistici sarebbe per il 2022 più forte dell’ordinario, data la netta divergenza tra deflatore e inflazione. E, quindi, la crescita dell’economia italiana risulterebbe eventualmente sovrastimata.