Versare soldi in nero sul conto corrente è rischioso, abbiamo già trattato varie volte quest’argomento, ma è bene fare alcune precisazioni.
I versamenti di contanti in banca senza giustificazione, sono il primo campanello d’allarme per l’Agenzia delle Entrate. Ricordiamo che tutti i contribuenti sono uguali, quindi, l’Agenzia può fare verifiche sia su un lavoratore dipendente, pensionato, autonomo, professionista o imprenditore.
Limite dei contanti e “soldi in nero”
Il limite dei contanti di 3.000 euro, non ha valore per i versamenti di soldi in banca.
Ricordiamo che l’Agenzia può accertare eventuali irregolarità nella dichiarazione dei redditi andando indietro di cinque anni e tutta la documentazione che giustifichi prelievi e versamenti in contanti dev’essere conservata per ben cinque anni.
Il Fisco, se ha dubbi sulle operazione eseguite, dà la possibilità al contribuente di difendersi, invitando a fornire opportune giustificazioni sulla provenienza dei soldi. La prova deve essere scritta e non testimoniale: non basta, quindi, una dichiarazione di un testimone.
Conto corrente: i versamenti ingiustificati possono essere considerati redditi in nero dal Fisco
Controlli del Fisco e donazioni
L’Agenzia, quando rileva delle difformità tra le dichiarazioni e i versamenti in conto corrente, chiede al contribuente di provare, con idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti perché, per esempio, oggetto di precedente donazione. E’ opportuno conservare tutta la documentazione riguardante redditi esenti, donazioni da parte dei genitori, è da evitare il contante, sebbene la legge di Stabilità 2016 ha elevato a 3.000 euro l’obbligo dell’uso di strumenti tracciabili, è sempre meglio, anche per importi inferiori, utilizzare l’assegno o bonifico, in modo da tracciare i trasferimenti di denaro e poter contrastare, in futuro, eventuali accertamenti del fisco.