Criteri più restrittivi per accedere al reddito di cittadinanza. La premier Giorgia Meloni ha detto in Parlamento che il sussidio sarà garantito e finanche aumentato per invalidi, anziani e persone con figli minori a carico. Per tutti gli altri sarà abrogato. Ma c’è un’altra riforma allo studio del ministro del Lavoro, Marina Calderone. Riguarda il taglio della Naspi, l’indennità di disoccupazione. Nell’anno della pandemia, quando milioni di persone furono costrette a restare a casa per via delle restrizioni anti-Covid, il costo arrivò a 15,9 miliardi di euro.
Sta di fatto che oggi la Naspi costa più del reddito di cittadinanza, con quest’ultimo a pesare sui conti pubblici per una decina di miliardi all’anno. Ed ecco che le modalità di calcolo saranno meno generose, sebbene ancora il governo debba presentare in Consiglio dei ministri i nuovi criteri.
Come funziona la Naspi oggi
La Naspi fino a oggi corrisponde al lavoratore il 75% dello stipendio mensile fino al massimo (di quest’ultimo) di 1.250,87 euro. Per la parte di stipendio superiore, sarà corrisposto il 25%. In ogni caso, l’importo mensile della Naspi non può eccedere i 1.360,77 euro.
Essa è riconosciuta per la metà dei mesi lavorati negli ultimi quattro anni, cioè fino a un massimo di 24 mesi. Ad esempio, se negli ultimi quattro anni ho lavorato 36 mesi, mi spetteranno 18 mesi di Naspi. Dal calcolo si sottraggono i periodi che hanno già dato diritto a percepire l’indennità.
A partire dal sesto mese, con la legge di Bilancio 2022 del governo Draghi fu introdotto un taglio del 3% al mese dell’importo erogato. La riforma ha puntato a rendere la Naspi meno disincentivante al lavoro. Adesso, il governo Meloni vuole proseguire su questa strada. Come? In primis, abbassando il periodo di fruizione. Si parla del 40% o anche del 30% del periodo lavorato negli ultimi quattro anni.
Incentivo al lavoro e meno sussidi
Inoltre, il taglio dell’indennità scatterebbe un po’ prima. Si parla dopo il quarto mese. L’obiettivo resta lo stesso della stretta sul reddito di cittadinanza: incentivare i cittadini a lavorare, anziché vivere di sussidi. Chissà che non si possa così abbassare anche il costo a carico delle aziende, che versano l’1,3% degli stipendi per pagare proprio l’indennità di disoccupazione. Lo scorso anno, il gettito a tale proposito è stato di 5,6 miliardi. Pertanto, la parte scoperta dell’erogazione a carico dell’INPS è stata di quasi 7,5 miliardi.
Le due riforme su Naspi e reddito di cittadinanza mandano al Paese un segnale chiaro dopo anni di vocazione assistenzialista dei governi che si sono succeduti. Si è ingenerata un’idea di fondo tra gli italiani per cui lo stato debba garantire un assegno a tutti coloro che non lavorano. Fatto salvo che il lavoro scarseggi in parte dello Stivale, la soluzione non può certo essere di farsi mantenere a vita dallo stato. Con un’indennità di disoccupazione meno generosa e per meno tempo, la speranza è che i beneficiari siano incentivati a trovarsi un nuovo lavoro prima. Ricavare qualche miliardo di euro per tale via sarebbe essenziale per fare quadrare i conti pubblici in una fase drammatica per l’economia italiana.