Gli scaramantici diranno che il 17 sia una data che porta sfortuna, ma il problema dell’Europa è di avere l’intera cabala contro. Ieri, il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto a Parigi un vertice ristretto sull’Ucraina, a cui sono stati invitati i leader di Regno Unito, Olanda, Polonia, Germania, Danimarca, Italia e Spagna, oltre ai presidenti di Commissione europea e Consiglio europeo. Un modo per reagire all’esclusione dell’Europa dal tavolo delle trattative tra Stati Uniti e Russia per la pace e il cui primo colloquio si tiene oggi a Riad, Arabia Saudita. E’ stato un flop totale, una catastrofe sul piano dell’immagine.
E per quello che a noi più interessa, ne escono male in prospettiva i famosi Eurobond.
Niente accordo su debito comune per riarmo
Dicevamo, il vertice è stato un flop totale di contenuti e immagine. Nessuna decisione presa, anzi sono emerse divisioni tra chi sosteneva l’invio di truppe di pace in Ucraina (Francia e Regno Unito) e i contrari (Polonia, Germania e Italia). Ma, soprattutto, l’evento ha sancito ufficialmente l’inesistenza dell’Unione Europea, dato che l’incontro ha riguardato solamente 7 dei 27 stati comunitari. Addirittura, le posizioni degli stati baltici sono state delegate alla Danimarca, anziché a Ursula von der Leyen e Antonio Costa, che in qualità di rappresentanti delle istituzioni europee, avrebbero dovuto rappresentare tutti.
Cosa c’entra tutto questo con gli Eurobond? Per prima cosa è emersa la mancanza di unità attorno alla proposta francese, appoggiata dall’Italia, di emettere debito comune per finanziare il riarmo. In pratica, continua ad esserci incertezza circa le future emissioni di titoli del debito UE dopo il 2026, quando scadrà il Next Generation EU.
E questo pesa sulla percezione degli Eurobond sui mercati, in quanto vengono considerati titoli transitori, senza un futuro certo e scarsamente liquidi. I provider internazionali di servizi finanziari li hanno per questo esclusi nei mesi scorsi dai rispettivi indici, trattandoli alla stregua di “safe asset” a metà.
UE screditata dai suoi stessi soci
Se fino a qui siamo alle disquisizioni tecniche, il peggio deve arrivare andando al fondo della questione. Se l’UE non esiste nei fatti, nel senso che è un’istituzione svuotata di qualsivoglia significato pratico e latitante quando serve, ha senso acquistare il suo debito? Comprereste i bond di Paperolandia, un’isola immaginaria nell’Oceano Atlantico?
Qui si pone un problema serissimo. Abbiamo sempre supposto che gli Eurobond possano essere la soluzione a diversi problemi dell’UE, tra cui l’esigenza di investire di più nella difesa e in favore della transizione energetica. Un’ipotesi per alcuni ideale e per altri estrema e quasi da evitare. In ogni caso, nessuno ha mai messo in dubbio che Bruxelles disponga della capacità di indebitarsi per conto dei propri stati membri, pur sprovvista di entrate fiscali proprie. L’UE non è uno stato, bensì un ente nato da accordi intergovernativi e il cui bilancio si alimenta dei trasferimenti annuali degli stessi stati membri per una quota appena superiore all’1% del Pil.
Futuro Eurobond a rischio sui mercati
Ma se gli stessi soci hanno appena delegittimato l’UE, come possiamo pensare che il debito che emetterà d’ora in avanti possa riscuotere una solida fiducia sui mercati? Il problema riguarderebbe particolarmente proprio le eventuali emissioni “strutturali”, essendosi indebolita la prospettiva di una struttura comune efficace e permanente. Gli Eurobond rischiano di essere percepiti come titoli del debito emessi da un ente orfano, screditato ed emarginato sul piano internazionale. Il vertice di Parigi ha provocato di gran lunga più danni di quanti ne volesse affrontare. Non che prima fosse un mistero l’insipienza dell’UE, ma da ieri gli stessi leader che ne fanno parte l’hanno ufficializzata.