Accordo su infrastrutture?
Intendiamoci, l’allineamento dei dazi non ridurrebbe il deficit USA, se non forse marginalmente, ma servirebbe al governo americano per guadagnare tempo dinnanzi all’opinione pubblica e alla Cina per ottenere credito verso il partner. E Jinping potrebbe chiedere a Trump di entrare nel business delle infrastrutture, essendo in progetto un piano pubblico pluriennale da 1.000 miliardi di dollari per l’ammodernamento negli USA delle reti viarie, portuali, aeroportuali, dei ponti, degli edifici pubblici, etc.
Sul punto, la Casa Bianca non cederà facilmente, perché il rilancio delle infrastrutture punta anche a rafforzare l’occupazione americana.
Il capitolo Corea del Nord
Tema altrettanto delicato riguarda la Corea del Nord. In un’intervista al Financial Times, Trump ha chiesto alla Cina di fare pressione sul regime di Kim Jong-Un, dichiarando che “se lo farà, sarà un bene per la Cina, altrimenti sarà un male per tutti” e avvertendo, però, che l’America è intenzionata anche a fare da sola. Preoccupano le stravaganze nucleari del dittatore nordcoreano, chiaramente fuori controllo, e che nemmeno Pechino segnala di essere in grado di condurre a miti consigli.
A febbraio, dopo l’ennesima provocazione con il lancio di uno dei quattro missili balistici in acque in acque internazionali, il governo cinese ha annunciato la sospensione delle importazioni di carbone dal paese alleato del Sud, verso il quale ogni anno esporta sui 3,5 miliardi di dollari di merci e i cui scambi rappresentano il 90% del totale per Pyongyang. Senza la Cina, evidenziano gli USA, la Corea del Nord sarebbe ridotta alla fame nel giro di poche settimane, per cui è Pechino a dovere agire, se non vorrà che intervenga Washington.