Nel codice penale non è prevista la parola stalking ma troveremo, in ogni modo il reato di atti persecutori, ovvero l’equivalente dell’inglesismo stalking.
La stalking, come abbiamo già illustrato in un precedente articolo, è una condotta minacciosa, oppressiva, moleste e lesiva nei confronti di un’altra persona che la subisce con disagio psichico e fisico, ma anche con timore.
Lo stalking non prevede situazioni tipiche perchè per ogni persona il disagio, il senso di minaccia, l’oppressione potrebbe derivare da comportamenti differenti.
All’interno del codice penale troviamo la definizione degli atti persecutori e, quindi, dello stalking: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Vittima di stalking: cosa deve fare?
Le vittime di stalking possono presentare querela o chiedere al Questore di fare un ammonimento al molestatore.
E’ da tenere presente, però, che secondo una sentenza della Corte di Cassazione, la vittima che risponde e parla al telefono con il molestatore o accetta un incontro chiarificatore fa venire meno il reato.
Il primo mezzo di tutela della vittima di stalking è la diffida da parte dell’avvocato: si provvede, tramite un legale, a inviare una lettera al molestatore per intimargli di cessare i suoi comportamenti.